Non vi fidate di Ipazia Preveggenza Tecnologica

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Frarossi
view post Posted on 14/2/2012, 11:44




Salve,
a quanto pare non sono l'unico ad essere stato raggirato dal Sig. Oreste Grani, attualmente presidente della societa' Ipazia Preveggenza Tecnologica, con sede a Roma.
Il Sig. Grani e' originario di Benevento ma lavora stabilmente a Roma dove ogni tot anni apre delle nuove societa' con il solo scopo di portare a termine delle truffe ai danni di altre societa' e associazioni culturali.
Vanta e sembra avere molte conoscenze con importanti istituzioni, si presenta come una persona molto colta e a modo. Come primo passo, quando apre una nuova societa', organizza eventi di rilievo con la comunita' ebraica o con la polizia al solo fine di farsi conoscere e vantare piu' credito nei confronti delle societa'/vittime che verranno dopo.
Una volta che si e' fatto conoscere ed ha messo in piedi qualche evento incomincia a promuovere i suoi servizi che spaziano dalla fornitura di servizi di consulenza finanziaria e commerciale alla promozione di associazioni culturali, di fondazioni, servizi grafici ecc... (vd sito ipaziapreveggenzatecnologica.it)
E' proprio nell'ambito di questi servizi che opera le sue truffe: riceve finanziamenti e prestiti che promette alle societa' di turno per la creazione di nuovi eventi, poi li intasca e scompare... letteralmente, lasciando uffici vuoti e mettendo nei guai chiunque si sia in qualche modo legato a lui...
Fate molta attenzione!
 
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affogata
TOPIC_ICON2  view post Posted on 2/5/2012, 17:15




Stavo cercando lavoro a Roma... il dott. Oreste Grani sembra molto ammanigliato e parla di sicurezza nazionale... io organizzo eventi e logistica turistica, sembrava che potessi lavorare con lui??!?
tu mi sconsigli quindi di continuare a parlare della collaborazione?
Devo ammettere che mi lasciano perplesse le persone di cui si circonda.
Tu mi sai dire quali società ha raggirato?
Grazie
 
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Oreste Grani
view post Posted on 18/6/2012, 08:39




Gentile anonimo, come si legge di seguito, la risposta, di cui mi scuso per la lunghezza, è stata scritta il 2 giugno 2012.
Ho riflettuto altri 16 giorni se pubblicarla o meno.
La pubblico.

Da mesi mi chiedo se rispondere o non rispondere alla nota del 14/2/2012 comparsa in questo sito che mi descrive come un abile truffatore.
In questo lasso di tempo non ho risposto perchè ho fatto prevalere lo spirito di servizio e ho continuato ad agire, in silenzio, per le finalità che l’eventuale, attento, interessato lettore scoprirà.
Ma i danni che l'astuto (?), l'imbecille (?), il filodiretto (?), l'ingenuo (?) o forse, più semplicemente, il danneggiato dal mio agire, ha generato sono di natura e di dimensioni tali da non consentirmi più ulteriore sacrifici.
Da quella data, con la tristezza nella mente, ho mandato avanti il mio "compito" ogni giorno chiedendomi se era arrivato il tempo della reazione o della resa.

Oggi 2 giugno, festa della Repubblica, è arrivato il tempo della reazione per un uomo di 65 anni, di fede repubblicana, pacciardiano prima e mazziniano dopo.
Nell'unico modo che conosco: servendo la verità e correndo i rischi impliciti nel racconto della mia vita.
Non lo faccio per vanità esibizionistica ne per lucro alcuno.
Ne per premere su donne e uomini di potere.
Dopo essere stato tacciato di essere un truffatore non vorrei ritrovarmi nel sito dei ricattatori.

Lo faccio per l'onesta, intelligente, sensibile compagna della mia vita che da 15 anni sopporta l'atipicità delle mie scelte e le conseguenze di questo mio modo di essere e di voler, da sempre e per tutta la vita, servire il disegno superiore di una Nuova Repubblica in cui la difesa della dignità umana, servita da una giustizia giusta, sia il primo articolo e la finalità ultima della nuova costituzione.

Lo faccio per mio figlio, ormai quarantenne, perché sappia da me e non da altri chi è stato suo padre.
Lo faccio anche per molti fedeli collaboratori che da anni credono nella bontà delle mie tesi. Lo faccio per molti di voi che usano internet provando così ad aiutarvi a saperne di più di fonti aperte e di mistificazioni.
Lo faccio quindi per il Sapere e per accompagnarvi alla lettura della complessità implicita nel superamento della dicotomia vero/falso.

Lo faccio per risolvere, in qualche modo l’antico e tenace legame che stringe insieme dolore e conoscenza. Provo dolore, ma ho conoscenza di come si sono articolate le dolorose vicende. E in nome di questa dolorosa, che mi auguro comune, conoscenza, mi rivolgo a lei anonimo e a quanti l’hanno letta.

“Finalmente abbiamo fatto fuori Grani. Giustizia è fatta”, potrebbe sguaiatamente e istericamente gridare qualcuno nell’ombra. Mentendo sapendo di mentire. O, peggio, paradossalmente, ritenendosi nel vero.
La formula di rito appena richiamata ha la natura del luogo comune, ma non è affatto sinonimo di banalità.
Nei rituali comunicativi, i luoghi comuni costituiscono, infatti , il punto di equilibrio tra ciò che si è capaci di dire e ciò che, di per sé, appare ineffabile, ma che può essere quasi intuitivamente compreso da parte di chi ha subito “prove” analoghe, ed è in grado di identificarsi nelle “parole di altri”, con i propri vissuti.
È questo processo mentale che ho sperato, fino all’ultimo, prevalesse. Non è stato così e il suo scritto, caro anonimo, ha inferto un duro colpo al progetto Ipazia e alla realizzazione della necessaria Strategia di Sicurezza Nazionale.

Se è vero che il dolore più profondo e lacerante appare quasi muto o viene gridato in maniera straziante e inarticolata, la sua elaborazione, conoscenza e manifestazione in forma comunicabile e condivisibile da altri, possono alla fine risultare l’unico sollievo efficace. A una condizione: che si accettino le conseguenze, dapprima devastanti, di una discesa agli inferi, che si sprofondi negli strati più bui di se stessi. E io sono pronto.
Il dolore di cui parlo è quello che provo nel vedere andare a fuoco la casa di Ipazia e con essa 50 anni di dedizione al mio Paese.

In questi anni ed in particolare negli ultimi venti sono stato tra quelli che hanno sostenuto, non avendo una generica finalità di criticare i Servizi Segreti Italiani, l’urgenza di nuove prassi e metodologie per migliorarne l’efficacia con la piena soddisfazione di tutti.
A me sembra evidente, e non da oggi, che le vicende politiche di “casa nostra”, almeno degli ultimi dieci anni, sono sfuggite al “controllo” dei servizi di sicurezza dello Stato, prestandosi ad “interferenze” esterne, che hanno orientato gli accadimenti italiani verso direzioni non rispondenti agli interessi nazionali. Certi comportamenti dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a carattere privato o pubblico, comunque li si voglia definire a seconda della propria posizione politica, culturale, etica o ideologica, si sarebbero dovuti evitare grazie ad un ruolo realmente efficace dell’Intelligence. I “Servizi Segreti” italiani avrebbero dovuto far comprendere al Premier, per esempio, che era quantomeno “inopportuno” frequentare certa gente e condurre uno stile di vita che metteva a rischio l’autonomia e il bene nazionale.

Inoltre, non risulta che l’Intelligence sia stata capace di impedire l’uso illegale e destabilizzante per il Paese che un management corrotto e disinteressato al bene comune ha fatto di Finmeccanica, entità strategica per la sicurezza dello Stato. Dove sono finiti i “criteri base” per la concessione dei nullaosta di segretezza? Come si può consentire a personaggi quali quelli che si aggiravano intorno al vertice di Finmeccanica di violare continuamente e nella sostanza i criteri di sicurezza previsti nella fabbricazione di materiali classificati, e ignorare che, comunque, quando si producono per Paese terzo, si ha il dovere prioritariamente di proteggere l’appartenenza e la riservatezza di quel bene al committente? Cos’altro è stata se non un atto di sfiducia verso Finmeccanica la disdetta della fornitura dell’elicottero commissionata dagli Stati Uniti per il Presidente Obama, disdetta annunciata dal Presidente in persona nel febbraio 2009 a pochi giorni dal suo insediamento ufficiale alla presidenza? Quell’episodio non aveva forse già annunciato tutto ciò che puntualmente poi è avvenuto in Finmeccanica? Dove è finita, in questi anni, la categoria dell’abilitazione, cioè la valutazione delle persone autorizzate ad avere accesso alle notizie o a partecipare comunque ad attività “classificate”? Che cos’è “classificabile” in un Lavitola o in un Mokbel? Dove sono le richieste e gli eventuali esiti positivi di concessione di NOS di Lavitola e di Mokbel? La verità è che non ci sono, e che questi signori si aggiravano nel labirinto delle nostre cose riservate senza nessuna autorizzazione.
Anche in occasione della crisi libica, l’Intelligence italiana non si è distinta per capacità di conoscere quanto si concertava e si organizzava finanche tra Paesi alleati della Nato, e all’opinione pubblica e alla stampa internazionale non è sembrato che il nostro Ministero degli Esteri abbia saputo opportunamente prevedere gli avvenimenti che stavano per verificarsi, quindi, suggerire linee di azione funzionali a difendere il Paese e la sua economia dall’attacco degli interessi stranieri.
Ciò è accaduto anche a causa della legislazione italiana, che fa dipendere i Servizi di Intelligence dal potere (politico) esecutivo, che spinge e “convince” da troppi anni i vertici delle nostre agenzie di sicurezza ad “attaccare il somaro dove il padrone vuole”.
La nostra Intelligence è stata forse presa alla sprovvista dagli eventi quasi quanto gli ingenui cittadini, mostrandosi, così, poco “intelligente”? O si è volutamente distratta?

Sono tutte occasioni della vita nazionale – da Ilaria Alpi al caso Saint Just/Armati, dal sequestro di Abu Omar a quello di Giuliana Sgrena che costò la vita a Nicola Calipari, un eroe –, nelle quali i Servizi di Intelligence hanno mostrato la loro inadeguatezza nel reperire e collegare informazioni utili a prendere decisioni consapevoli a favore della difesa del Paese. Eppure, tra le definizioni più diffuse di Intelligence, vi è proprio quella di “attività di reperimento, raccolta e collegamento di informazioni utili a prendere decisioni per la sicurezza del Paese”.
Io sono questo, ed elaborati questi giudizi in totale autonomia di pensiero e di volontà operativa, facendomi Stato, ho dato vita, negli anni, ad una serie di realtà imprenditoriali (delle REI Ricerche Economiche Industriali, per intenderci con gli addetti ai lavori) ed ho, nella mia visione della legittimità (visione di cui mi assumo tutta la responsabilità) operato per il bene della collettività.

Sono alle prime righe e già mi accorgo che la risposta potrebbe essere troppo lunga per chiunque prima di arrivare a far capire di cosa mi sono interessato durante la mia vita.

Sono nato nel 1947 e già nel 1963 dedicavo tutto il mio tempo non alle festicciole, non al calcio ma a sognare una Repubblica "più giusta e più pulita" aderendo, sedicenne, all'Unione Democratica per la Nuova Repubblica fondata da Randolfo Pacciardi, Tomaso Smith, Ivan Matteo Lombardo, Alfredo Morea, Giano Accame, Antonio De Martini, Giorgio Vitangeli, Mauro Mita in concorso con altri patrioti della loro statura.
Di alcuni di questi parlerò a lungo nella ricostruzione che mi accingo a fare.
Per ovviare quindi a questa "pericolosa lungaggine" fornirò subito un elenco impegnativo di nomi e avvenimenti a cui ho dedicato la mia azione.

I nomi e gli avvenimenti con cui sono stato in rapporto sono loro stessi la risposta al mio anonimo disinformatore nella speranza che lui, tornando sul luogo del delitto (il vostro sito scelto per cercare di uccidermi e così uccidere la speranza in uno Stato Intelligente e una Intelligence Culturale capaci di difendere, in queste ore terribili, la nostra esausta Patria) rinsavisca, si dichiari e dica se appartiene alla categoria dei danneggiati (e allora mi scuso da subito) o dei servi di un sistema di corrotti, traditori del giuramento alla Repubblica. Comunque, caro anonimo, il guaio è fatto e il Leviatano è evocato.

Nel mio agire ho incontrato migliaia di persone avendo modo di capirne le intenzioni ed, eventualmente, isolarne le azioni indirizzate ad interessi illeciti in contrasto con le finalità della collettività. A volte ho incontrato nemici della Patria e mi sono regolato di conseguenza.

Mi sono “ingaglioffato” con gente di tutte le amoralità e questo può aver fatto spesso fraintendere il mio approccio e il mio operato.
C’è una prova regina che voglio, comunque, fornirle: il bottino, cioè il movente dell’agire truffaldino, caro anonimo dov’è?
Perché, vede, io non posseggo il bottino sotto nessuna forma. Non ho un conto corrente bancario. Ne in Italia, ne all’estero o presso fiduciarie in paesi canaglia. Non ho titoli di Stato. Non ho azioni di società quotate in borsa. Ne in Italia ne all’estero. Non ho lingotti d’oro, brillanti, o altre gemme sapientemente nascosti. Non ho collezioni di monete antiche o auto d’epoca, francobolli rari, quadri, argenti, ceramiche. Non ho una casa ne brutta ne bella. Non ho quindi seconde case. Non ho barche o aerei con cui fuggire. Non ho un passaporto che, per libera scelta, non voglio avere da moltissimi anni. L’ultimo che ho avuto si può legittimamente verificare quale organismo me ne facilitò la consegna. Ho avuto delle belle biciclette ma me le hanno rubate e dopo l’intervento per l’asportazione di un tumore al rene sinistro, non posso più pedalare come i sali e scendi romani richiederebbero. Uso quasi sempre i mezzi pubblici tranne quando sono in grave difficoltà fisica perché da qualche anno ho una nuova forma del male che mi ha aggredito il surrene destro sopravvissuto.

Torniamo al denaro, movente di tutti i truffatori.

A soli 25 anni, nel 1972, prima dello shock petrolifero già avevo una lecita busta paga di 706.000 lire per 14 mensilità. Ero 5° livello super metalmeccanico.
Il mio datore di lavoro che mi aveva assunto per meriti e non raccomandazioni era una solidissima società multinazionale americana (Rank Xerox) di cui ritengo di essere stato, nella sua storia italiana, il più giovane Branch Personal Manager.
Potevo rimanere in quel ventre protettivo e, pensi, che ricchissima pensione avrei oggi. Invece, nel 1976 “qualcuno” mi chiese di lasciare quella posizione di privilegio e di andare nel gruppo Rizzoli Corriere della Sera a Milano, a Crescenzago, nel cuore della P2 gelliana, nel pieno del tentativo di Tassan Din e Maurizio Costanzo e di tanti altri eversori associati in una massoneria deviata per impadronirsi del più autorevole gruppo editoriale italiano.
Dissi di si e inutilmente provai ad oppormi, nella semplicità dei mezzi che la mia posizione mi consentiva, a tanto scempio.

Tornerò più volte nel racconto che le devo su quella esperienza fatta a via Civitavecchia 104 a Milano e in modo particolare al Centro documentazione della Rizzoli.
Lì scoprii il valore delle “fonti aperte” a contatto con Alberto Mantovani, un giovane e brillante dirigente, e i suoi 54 straordinari analisti.
Capii subito che il futuro delle analisi strategiche sarebbe stato in quel lavoro umile, apparentemente di “ritaglia e incolla”, e che la meccanizzazione e l’informatizzazione (si affacciava in quel momento nei centri di elaborazione dati) avrebbe fatto delle fonti aperte l’anima stessa dell’Intelligence Culturale Strategico.
Era il 1976.

Fonti aperte che non ho mai più smesso di studiare e di cui, dicono, sono diventato un grande esperto. E anche una vittima sacrificale come la vicenda della sua anonima delazione dimostra.
Andiamo ancora indietro.

Mi ero già interessato, sia pur in modo artigianale, da giovanissimo delle fonti aperte e delle agenzie di stampa utili ad informare e a disinformare.
Il mio primo datore di lavoro (senza busta paga) è stato Carmine Mino Pecorelli, via Tacito 50, Roma a 60.000 lire al mese.
Impaginavo manualmente tutte le sere l’agenzia di informazioni riservate più famosa d’Italia OP-Osservatore Politico Internazionale.

Era il 1968, complesso inizio di molti avvenimenti, anche tragici, della storia della Repubblica.
Ma di fonti aperte a disposizione, in realtà, mi interessavo dall’aprile del 1966, mese ed anno in cui muore il giovane Paolo Rossi e le fonti aperte vengono utilizzate dal sistema partitocratico per non raccontare la verità di quegli incidenti in cui il giovane innocente viene ucciso.
Ancora oggi le fonti aperte consentirebbero (sentenze di tribunali, articoli di grandi giornali, resoconti parlamentari) di raccontare la verità di quella morte. Soprattutto basterebbero i ricordi dell’attuale giudice di Corte Costituzionale Paolo Napolitano.

Come vede, caro anonimo, vado indietro fino all’adolescenza, per dare il senso di quanto profondo sia il mio interesse per l’Intelligence Culturale che consente di “estrarre dalla realtà quello che c’è ma non si vede”.
Quell’interesse che, attraverso mille vicende, mi ha portato ad ispirare e a pubblicare legittimamente sin dal 2006 il testo “Ubiquità, ovvero la dimensione necessaria di un’Intelligence Culturale” consegnato, brevi manu, in tempi diversi, tra gli altri, al Vicecomandante dell’Arma dei C.C. generale Roberto Santini, al sig. giudice Rosario Priore, al sen. Massimo Brutti membro all’epoca della commissione giustizia, al direttore del Centro Studi del Quirinale dott. Delli Paoli e ad altri che, nelle sedi opportune eventualmente, citerò e successivamente, nel settembre del 2011, affermare nell’articolo “Intelligence e ubiquità”, pubblicato nella rivista dei Dioscuri, la necessità di elaborare nuovi modelli di reclutamento, selezione e formazione delle risorse umane atte a estrarre dalla realtà quello che c’è ma non si vede.

Nel racconto che le devo, apparentemente in ordine sparso, e per necessità di spazio e di tempo parlerò ad esempio, da questo sito, di come e perchè ho impedito ad Alberto dell'Utri, fratello gemello del più noto Marcello, di impossessarsi dell'azienda Monitoring Italia srl (già Carro srl) destinata a gestire il 45% del mercato del così detto braccialetto elettronico, tecnologia da utilizzare quale pena alternativa alla detenzione.
Il resto dei detenuti aventi diritto era destinato ad essere gestito per il 10% dalla Finsiel e il residuo 45% dalla società israeliana ElmoTech.
Il pregiudicato Alberto Dell’Utri si preparava a fare questo paradossale business in concorso con tale Carmelo Sparacino (detto Manuel) ed altri quali Giovanni e Francesco Pirinoli della nota famiglia di "sbobinatori di intercettazioni", Edmondo Monda (chi fosse e cosa facesse dirò più avanti), Mario Traverso (Addicalco srl) e Marcello Antonelli Caruti dirigente Telecom.
Storie complesse finite drammaticamente per alcuni come per il povero ingegnere Mirko Ducortil estensore, tra l’altro, dei business plain del braccialetto elettronico e del piano nazionale per le intercettazioni telefoniche, morto suicida in una pensioncina nell’interland milanese.
In quella operazione di contrasto che aveva “in palio” l’appalto del braccialetto elettronico fino al 31/12/2011 (milioni di euro) e del sistema unificato delle intercettazioni telefoniche (miliardi di euro) venne sacrificata Kami Fabbrica di Idee srl. Più avanti torneremo su questa società e ne spiegherò il sacrificio.
Questo racconto ha bisogno di continui flashback.

Un passo indietro verso gli ultimi anni 1990.
Quanta intelligenza ci vuole, quanto tempo, quanto denaro si deve “legittimamente” trovare perché venga allontanata dalla sede di via del Leone 13 Roma la società Meridiani & Paralleli controllata all’epoca (1998) dall’arch. Giuseppe Santulli Sanza e dal più noto alle cronache giudiziarie Pio Pompa?
Si, Pio Pompa che successivamente approda nella squadra del generale plurilaureato Nicolò Pollari.
Prima che la magistratura (recentemente) cogliesse Pio Pompa nei comportamenti illeciti di via Nazionale (schedature e disinformazioni), io ne avevo individuato sin dal 1998 la pericolosità e le trame che tesseva in rapporto costante con Giuseppe Santulli Sanza, con la “vedova” Gucci condannata poi definitiva per omicidio e soprattutto con Lamberto Dini (si proprio lui).
Pio Pompa era già nel 1996 con altri noti pluricondannati per azioni eversive (ad esempio Jaro Novak già di Potere Operaio, Autonomia Operaia, 7 Aprile) tra i fondatori di Rinnovamento Italiano, il partito di Dini che doveva salvare l’Italia.
Il sottoscritto “truffatore” li ha cacciati a calci in culo dall’appartamento di via del Leone 13, rimuovendo la Meridiani & Paralleli e la consorteria che la stava utilizzando.
In quella sede nasce e comincia ad agire Kami Fabbrica di Idee, società incubatrice del progetto Ipazia.
Tornando ancora più indietro (1976/77/78) parlerò di chi e cosa mi impedì di provare a non far sequestrare l’on. Aldo Moro. In quelle ore, ovviamente, ignoravo che le BR si preparavano a rapire quell’esponente della DC ma avevo individuato un HUB da cui far partire il controllo di alcuni esponenti BR di rilievo. Non mi ero sbagliato perché proprio quelle donne e quegli uomini risultarono tra i rapitori del presidente Moro.

Racconterò di come abbia dovuto auto-organizzare, dopo la morte di Moro per continuare in modo più credibile l’opera di monitoraggio, il mio arresto (non per truffa) ma perché “sorpreso” con una beretta 7.65 con il colpo in canna, antistante l’uscita dei dirigenti della RAI a viale Mazzini. Era il 20 giugno del 1978 caro il mio anonimo e l’on. Moro era stato ucciso da pochi giorni e chi entrava in carcere in quei frangenti poteva non uscire per 11 anni secondo i dettami della legge Reale vigente all’epoca.
O essere ucciso in carcere se veniva sospettato di essere un infiltrato. O negli anni successivi subire vendette trasversali. Come ancora oggi mi potrebbe accadere ora che la sua provocazione mi ha obbligato ad interrompere il silenzio e a raccontare l’essenza della mia vita. Altro che truffatore.
Facevo il mio dovere caro anonimo, in accordo con il prefetto Umberto Improta, e i questori Domenico (Mimmo) Spinella e Calogero Profeta. Con lo pseudonimo “sommergibile” tenevo sotto controllo Luigi Rosati, marito di Adriana Faranda latitante e compagna di Valerio Morucci nella colonna Romana delle Brigate Rosse, nell’inutile tentativo di non (ha letto bene NON) far sequestrare Aldo Moro. Dopo l’auto-arresto e la mia successiva scarcerazione, mi sono dedicato alla campagna elettorale finalizzata alla libertà di Antonio Negri, potendo rimanere così a stretto contatto con lo stesso perché non fuggisse. A volere la sua fuga e ad organizzarla contro la mia volontà furono noti esponenti del mondo politico di quei tempi e non il sottoscritto.
Altro che truffatore! Ora però la Polizia Postale e la Magistratura saranno costrette a rivelare chi lei sia per capire se, come più volte ho detto, lei sia una persona da me danneggiata o “qualcosa” di diverso e di più perfido.

Continuerò a scrivere nei prossimi giorni, per tutto il tempo e le parole necessarie, ad arrivare alla storia di Ipazia Preveggenza Tecnologica che lei eplicitamente infanga.
Successivamente vi dirò per quale motivo è stata sacrificata la società Giochi Nemei srl da me amministrata.
Se rimarrà il tempo e mi sarà data la possibilità racconterò di come il Grande Vecchio della Prima Repubblica, oggi ancora vivo, tramite una signora lombarda, tale Brambilla, informò i miei soci dell’inopportunità di frequentarmi descrivendomi come un pericoloso trafficante di componentistica elettronica descrivendomi, in quella occasione, come un filo-arabo.

A volte, come lei insinua, mi hanno descritto in combutta con il Mossad, a volte con il mondo arabo. Non appartengo ne a uno e ne all’altro. Sono un patriota italiano e, al massimo, sono innamorato della complessità mediterranea.
Racconterò come si prefigura il possibile a Siena durante le elezioni amministrative del 2011, un anno prima del tracollo del MPS e delle dimissioni del sindaco Ceccuzzi. Lo racconterò parlandovi di più Piccini e delle loro Maserati.

Racconterò di come, pur di non farmi riuscire ad aprire la Scuola di Intelligence “Guglielmo da Baskerville” che da anni preparo si è fatto scappare a gambe levate l’ultimo imprenditore che aveva deciso di finanziare l’iniziativa.
Descriverò dettagliatamente come e chi ha fatto in modo che, dopo che il 23/3/2012 si era tenuto, il convegno alla Camera dei Deputati intitolato “Lo Stato Intelligente-finanziamenti europei per l’innovazione e per la sicurezza” si interrompessero le mie attività utili al lancio della Strategia di Sicurezza Nazionale.

Descriverò come si mette alla porta da un’ora all’altra personale che ha come sola finalità lavorativa la costruzione di un percorso di legittimità rispetto all’erogazione dei fondi europei legati alla sicurezza, all’intelligence e alle smart cities.
Cari lettori vi porterò, grazie alla provocazione dell’anonimo che ha ritenuto di insultarmi il 14/2/2012, ad estrarre dalla realtà quello che c’è ma non si vede.

Vi dirò perché mi batto da anni perché l’acquisizione delle informazioni, la gestione delle conoscenze, la competenza nelle tecnologie e il controllo delle comunicazioni debbano rappresentare l’area strategica di una intelligence concepita in chiave culturale.

Vi “obbligherò” rispettosamente a capire perché un uomo e i suoi collaboratori debbano essere tolti di mezzo se ritengono la sicurezza e l’autonomia degli Stati, dei Governi e delle Istituzioni minacciati costantemente da fenomeni di dimensione internazionale quali il crimine organizzato, la proliferazione di armi convenzionali e non convenzionali, la criminalità finanziaria e, non ultima la corruzione.
Soprattutto perché questa squadra, oltre a chiamare in causa il ruolo dell’Intelligence, parla anche di etica sociale, economica e politica. Continuerò per mesi, per anni. Finché rimango vivo.

È d’obbligo, a questo punto, un particolare ringraziamento a Fabrizio Bartoletti, Oliviero Bartoletti, Alessandro Licata che, improvvisamente, vergognandosi del mio passato burrascoso a loro già noto, e chiedendomi da un’ora all’altra di lasciare la sede che insieme, da mesi occupavamo e dove stavamo costruendo un percorso culturale ed imprenditoriale tutto impostato ad una ipotesi di mercato “attrezzata” per contrastare la corruzione proponendoci così di dare il nostro contributo all’Italia per renderla più competitiva e capace di superare la crisi, mi hanno spinto a reagire alle offese profuse, non tanto alla mia persona, quanto ad Ipazia Preveggenza Tecnologica.

Un grazie di cuore quindi, cari signori. Senza il vostro atto ostracistico forse avrei continuato a servire tacendo.
Come si evince da quanto fino ad ora ho scritto, ho affrontato e superato ben altre complessità. Sarà così anche questa volta. Soprattutto perché se non si rifà un’Italia senza i Piccini, i Lavitola, i Mokbel, i Guarguaglini e le signore Grassi questa volta, si muore.

Edited by Oreste Grani - 11/7/2012, 16:23
 
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Oreste Grani
view post Posted on 22/6/2012, 09:25




Lanciare il sasso e nascondere la mano.
Il silenzio del mio anonimo accusatore farebbe pensare a questo stereotipo. Ma io che sono servo di verità e amico di Ipazia Alessandrina, rifiuto queste semplificazioni.

“Custode di Ipazia” è uno dei tanti appellativi che, negli anni di attività svolta mi è stato attribuito.
Un altro giro di parole per indicarmi è stato “l’uomo dei cerchi concentrici”. Così, infatti, mi definì, in modo acuto e rispettoso, il signor generale Roberto Santini durante un colloquio presso il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri a viale Romania, Roma in cui ebbi modo di illustrare e consegnare (in formato A3) “Ubiquità, ovvero la dimensione necessaria di un’Intelligence Culturale” documento già da me citato nella lettera del 18 giugno u.s..
Se sono “l’uomo dei cerchi concentrici” conosco bene che tipo di effetto fisico/quantistico si genera lanciando un sasso in un liquido.
Caro anonimo, le espressioni che ti ho dedicato (“danneggiato dal mio agire”, “se appartiene alla categoria dei danneggiati e allora mi scuso da subito”) nella prima parte della risposta che il tuo gesto del 14/2/2012 mi ha indotto a scrivere, si meritava qualche cosa di più di un tuo colpevole silenzio.

L’effetto del tuo sasso fangoso è andato lontano arrivando con i suoi schizzi alle banche, agli esausti collaboratori, ai possibili imprenditori alleati, ai padroni di casa, ai fornitori.
Il tuo silenzio è ciò che, per l’ultima volta, rispettosamente ti suggerisco di evitare prima che diventi, per te, lo scivolo per precipitare in un girone dantesco di cui, ritengo, tu non sappia valutare le complessità e le implicazioni.
Se taci, da possibile danneggiato, ti iscrivi d’ufficio alla schiera dei servi di un sistema di corrotti traditori del giuramento alla Repubblica.
Come ho già scritto, viceversa, io appartengo al mondo di quelli che già nel 1973 ritenevano che secondo le parole di Randolfo Pacciardi…«[.] quando Iddio vuol condannare un regime comincia con l'incretinire i suoi partigiani. Poi speriamo che dia la forza agli Italiani per liberarsi di questa assurda e esilarante repubblica dei partiti.» Così su Nuova Repubblica, il 16 gennaio 1972. Ma quello che scrisse quel giorno Randolfo Pacciardi avrebbe potuto scriverlo anche molte altre volte, lungo la sua pluridecennale battaglia di chiarezza e di onestà politica, tutta ispirata agli ideali repubblicani di Giuseppe Mazzini».
…«L'idea che la Repubblica, istituendo un sistema per cui l'investitura al potere avrebbe dovuto essere davvero nelle mani degli eletti dal popolo, poteva costituire per i Repubblicani la stella polare, l'obiettivo che, perseguito, avrebbe risolto tutti o quasi i guai che erano già allora, come poi nei successivi decenni, evidenti nella nostra politica».
…«la nostra costituzione non era funzionale e non poteva esserlo nella sua fatale degenerazione partitocratica, correntocratica, sindacatocratica, entocratica, burocratica, ecc.» (Nuova Repubblica, 9 dic. 1973). E la causa principale della sua inefficienza e della sua degenerazione stava nella presenza di un presidente della Repubblica non eletto, e politicamente irresponsabile e privo di poteri esecutivi, attraverso il quale passano tuttavia le nomine dei premier e dei ministri, con il conseguente dilagare del potere dei partiti.

Questo è un Paese dove, ciclicamente, anche i Capi dello Stato sono accusati di comportamenti gravemente lesivi degli interessi della collettività.
È stato così per Giovanni Gronchi, per Giovanni Leone, per Francesco Cossiga, per Oscar Luigi Scalfaro.
Ora i dubbi sfiorano il presidente in carica Giorgio Napolitano.
Il Quirinale, già sede pontificia, non è immune, quindi, da basse insinuazioni.
I pontefici e le loro curie, come sicuramente sai, anche loro non sono esenti da accuse gravissime.
Dalla povera Emanuela Orlandi fino alle giovani guardie svizzere “suicidate” per motivi inconfessabili.

Figurarsi se un Carneade quale io sono si poteva ritenere avulso da tale prassi. È che io ho da continuare a fare ciò che sto facendo da 50 anni. Ed in particolare a realizzare i passi necessari a dotare il nostro Paese della necessaria Strategia di Sicurezza Nazionale. Ti annuncio che mi preparo a riprendere il cammino risolvendo quello che tu, con il tuo silenzio, rappresenti: l’ennesimo tentativo di fermarmi.
E come si fa, nell’arte militare, ti stanerò dall’enclave telematica in cui pensavi proditoriamente di celarti.
Non ti lascio alle mie spalle e ti vengo quindi a prendere chiarendo il tuo oscuro tentativo e chiamandoti a rispondere secondo l’art. 2043 del codice civile che definisce illecito qualsiasi fatto, doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto.

La giurisprudenza ha ammesso la tutela risarcitoria oltre i confini del diritto soggettivo in senso stretto, prevedendo il risarcimento del danno derivante dalla lesione di una legittima aspettativa o dalla perdita di una opportunità. È quello che tu nell’anonimato hai fatto a me e a tutti i miei collaboratori.
Che il danno sia doloso o colposo è uguale per la legge. Decideranno i giudici in proposito. Ciò che è sicuro è che il tuo comportamento ha cagionato a tutti noi un danno ingiusto.
Mentre penserò a te, alle tue responsabilità legali e a ridare un’opportunità di lavoro ai miei collaboratori, riprenderò l’attività a cui ho dedicato tutto il mio pensiero e le mie azioni: dare stimolo alla costruzione di un necessario Stato Intelligente ed in particolare, negli avvenimenti contingenti, fare in modo che lo stanziamento di alcuni miliardi (!!!!!) di euro e l’attivazione di diverse linee di finanziamenti europei per il settore della Sicurezza Strategica Nazionale vengano utilizzati nella massima trasparenza per rendere il nostro Paese più sicuro, più avanzato tecnologicamente e meglio attrezzato per contrastare la corruzione nemica prima della speranza di superare la crisi economica, valoriale, finanziaria, sociale, politica in cui ci troviamo.

Mi chiedo di chi tu sia oggettivamente alleato con il tuo silenzio.
Soprattutto, alla luce della data che hai scelto (14/2/2012) per colpire nell’ombra il disegno a sostegno della possibile Strategia di Sicurezza Nazionale di cui il Paese è orfano e in particolare la mia persona che lo ha elaborato ora che si riaccendono le polemiche e le lotte politiche, senza esclusione di colpi, intorno al decreto sulle intercettazioni telefoniche.
Amerei non rimanere, per tua grave responsabilità, delegittimato e fuori da un dibattito che mi ha visto, riservatamente, fare il mio dovere, più volte, perché nel Paese non si determinassero condizioni di appropriazioni private di questo settore a discapito della legittima costituzionalità e della protezione dei diritti di tutti i cittadini.

Così si deve leggere la mia attività imprenditoriale durante tutto il periodo che per semplicità chiamerò Kami Fabbica di Idee srl/Carro srl/Monitoring Italia srl/Cofito spa di Bruna Segre ed altri.
Va sicuramente in questa stessa direzione, cioè della difesa dei diritti costituzionali dei cittadini italiani, tutto l’impegno più recente, mio personale e dei miei collaboratori profuso nella manifestazione LiberaRete.
Dopo aver immesso, come fonte aperta, questi pensieri che di seguito ti/vi ricordo: “A proposito di intercettazioni e di libertà di informazione…
“Libertà vo cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta”
Un fumo sempre più denso, acre, asfissiante sembra levarsi dalle macerie del nostro Paese. Vacillano ormai visibilmente, al culmine di un rovinìo persistente e presago di intonaci e di suppellettili, anche gli architravi e i muri maestri della nostra democrazia, da alcuni amata e da altri ignorata, più volte difesa ma anche tradita, precaria comunque da sempre, sin dal suo nascere entro i nostri confini.
Dell’oggi è il rischio immanente di una democrazia senza libertà dell’informazione, della ricerca, della cultura, simulacro vacuo e oltraggioso dei principi di libertà e di sovranità popolare sanciti, nello spirito e nella lettera, dalla nostra stessa Costituzione. Ove poi la democrazia fosse lesa altresì da una giustizia che taluno vuole compressa e azzoppata, e inoltre dallo spettro del non lavoro, che vanifica la sostanza di ogni libertà, l’evocazione dantesca del rifiuto della vita dovrà viceversa suonare per gli offesi come richiamo estremo a resistere e a reagire alla minaccia, a difendere la democrazia con le sue stesse armi: la parola (il libero pensiero) il diritto (la giustizia giusta); la solidarietà (la fratellanza tra eguali); la partecipazione. Ipazia Promos sarà dunque, libera tra i liberi, in “Libera rete” per onorare la propria missione, per testimoniare anch’essa che la libertà è unica e indivisibile e sostanza, insieme con la giustizia, di ogni autentica democrazia” riuscimmo a fermare con altri, il così detto Decreto Bavaglio.

Era il 1 luglio del 2010 e ancora in queste ore siamo, come paese, inchiodati a uno sterile e pericoloso dibattito sull’uso delle intercettazioni quale strumento investigativo.
Erano i primi anni ’70 quando gli italiani scoprirono il nome di Tom Ponzi associato con quello di Walter Beneforti, Giorgio Fabbri, Marcello Micozzi, Mario Nardone, Nicola Di Pietroantonio, quale protagonisti della mappa dello spionaggio telefonico.

Problema ancora aperto dopo quarant’anni.
Io ho una mia idea di come si fa a risolvere questo problema delle intercettazioni e non vorrei che un vigliacco, nell’ombra, come ti dimostri essere mi impedisca di dare il mio contributo al groviglio putrescente che tecnologia e infedeli servitori dello Stato, da troppi anni producono in Italia.
Rimango in attesa delle tue parole.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 26/6/2012, 09:26




Caro lanciatore di sassi fangosi, sembri privilegiare il silenzio.
Ne hai diritto, ma, come sai, nelle questioni di legge, a volte, il silenzio è assenso. Per quello, tra l’altro, rispondo alle tue diffamazioni.
Vado avanti e dopo i troppi episodi in cui ho taciuto, parlo.

Anzi, scrivo in modo indelebile come solo la rete consente.
Accennavo, alcune ore addietro, del sostegno culturale e organizzativo da parte di Ipazia Preveggenza Tecnologica e mio personale alla manifestazione denominata LiberaRete trasmessa a “reti unificate” il 1/7/2010. In chiave geopolitica europea, mediterranea, italiana sembrano secoli ed invece sono passati solo due anni.
In quella occasione Ipazia PT ed io personalmente abbiamo potuto partecipare ad una risposta civile, democratica contro l’ennesima campagna denigratoria della magistratura e dell’uso che la stessa deve fare delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Il raccontino che segue è propedeutico a capire il tema e gli argomenti ad alto tasso di complessità che ruotano da sempre intorno al malaffare e al saccheggio della cosa pubblica.

L’episodio di oltre 40 anni fa, mutando i nomi e le attività di lucro, ancora oggi è emblematico di un ambiente ed è utile a comprendere l’essenza delle ostilità di troppi all’uso intelligente delle tecnologie investigative.

Agli inizi degli anni Settanta, Tom Ponzi diventa noto, al grande pubblico, quando la magistratura lo chiama in causa per delle intercettazioni abusive.
Ponzi, a sua volta, accusa il Vice Commissario della Criminalpol, Walter Beneforti, il quale però è in contatto con un certo avvocato Giorgio Fabbri che da una parte "ascoltava" il Direttore dell'ANAS, Chiatante, e dall'altra era legato ad alcuni funzionari del Ministero dell'Interno, Ministero che da tempo acquistava microspie proprio come faceva la Guardia di Finanza che infatti ritroviamo puntualmente nell"'affaire" al fianco di Giorgio Fabbri attraverso il canale "Pontedera" e sullo sfondo di queste intricate liaisons dangereuses, la mappa dello spionaggio telefonico che ormai, come la carta dell'Impero di Borges, è cresciuta fino a ricoprire fedelmente tutti i centri nevralgici del Paese.

Partiamo dall'inizio. Il Pretore Luciano Infelisi decide di dare il via ad un'inchiesta sulle intercettazioni abusive a seguito di una denuncia presentata da un privato cittadino. Il Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, non si oppone all'inchiesta ed anzi incarica una pattuglia vigilata da un ufficiale del SID di collaborare con il magistrato.

Infelisi, con il timone regolato, viene lasciato libero di continuare il lavoro.
Un tecnico della SIP-TETI, certo Marcello Micozzi, è !'imputato che ha piazzato le microspie. Micozzi viene interrogato a fondo ed esce subito il nome di Tom Ponzi che non rappresenta solo se stesso, ma anche Walter Beneforti, un Commissario della Criminalpol. Micozzi dice di aver piazzato le microspie per conto di Tom Ponzi. I carabinieri si precipitano a perquisirgli gli uffici di Roma e di Milano sequestrando materiale di grande interesse.
Ponzi, però, non è Micozzi; la pasta è differente. Infatti, non aspetta molto per passare al contrattacco. Agisce in due tempi: prima si attesta sulla posizione di chi se ha "spiato" lo ha fatto solo nell'interesse di mariti offesi e di adultere ricattate, poi sferra il colpo decisivo. Forte della testimonianza di Bruno Mattioli, rilascia un'intervista clamorosa che chiama pubblicamente in causa sia Walter Beneforti , che il Ministero dell'Interno e Mario Nardone, ex Capo della Criminalpol di Milano e quindi Questore di Como.

La sortita di Ponzi provoca, com'è logico, una serie di reazioni a catena. Nardone, che ha subito saputo, prima ancora che venisse resa pubblica, dell'intervista di Ponzi, cerca di salvare il salvabile tamponando queste rivelazioni come può e poi passa decisamente al contrattacco.
E una sua segnalazione quella che spinge i carabinieri di Infelisi a sequestrare dodici casse di materiale negli uffici di Ponzi a Lugano. È ancora Nardòne che lascia trapelare le prime notizie su quello che c'è dentro le casse. Il Ministero comunica che le microspie vendute da Beneforti allo stesso Ministero sono state acquistate solo per scopi didattici.

Ponzi, nelle sue rivelazioni, non si è limitato a fare i nomi di Beneforti e di Rolando Ricci, un alto funzionario del Ministero dell'Interno, ma ha lasciato scivolare nel racconto un altro nome che sembra sulle prime abbastanza insignificante quello di un certo avvocato Giorgio Fabbri che con l'aiuto di Walter Beneforti, del tecnico Mattioli e di una radiospia "avrebbe fatto i miliardi e poi sarebbe sparito".
Ponzi insiste perché il nome di Fabbri non resti fuori dall'inchiesta . Perché? La ragione viene fuori quando Nicola Di Pietrantonio, ex barista, ex dipendente dell'avvocato Fabbri, rilascia un'intervista ad un giornale e dice: "Fabbri non è che il misterioso personaggio che ha spiato per mesi l'ufficio di Nicola Chiatante, ex Direttore Generale dell'ANAS, arricchitosi con i numeri delle aste, e che poi ha cercato di ricattarlo con i nastri delle registrazioni e che, ancora, l'ha denunciato - sotto lo pseudonimo di Pontedera - alla Guardia di Finanza.

Nelle casse trovate nell'ufficio di Lugano ci sono le prove che Ponzi ha effettuato spionaggio politico (i retroscena dell'affare Pisanò, i legami con Cefis, certi servizi resi agli ordini del capitalismo di Stato e così via ...). Uno dei rapporti giunti al Ministero dell'Interno informa di una perquisizione effettuata sul panfilo di Ponzi ormeggiato nel porto di S. Margherita. Il panfilo era già stato segnalato all'Interpol del Narcotic Bureau di Washington e dall'Interpol della Gdf. Dall'ufficio di Infelisi - intanto - scompare una delle bobine sequestrate negli uffici di Ponzi. La bobina, come ammette lo stesso Pretore, è l'unica che contiene delle prove consistenti a carico dell'investigatore Ponzi .
Sparito il nastro è sparito tutto.

Quindi che si chiamino Tom Ponzi o Francesco Pirinoli, Giorgio Fabbri o Mario Traverso, Marcello Micozzi o Marcello Caruti Antonelli, Walter Beneforti o Giuliano Tavaroli, Fabio Ghioni o Nicola Chiatante, Carmelo Sparacino o Alberto Dell’Utri, Edmondo Monda o Bruno Mattioli poco cambia.

Ho fatto un accenno alla vicenda di Tom Ponzi perché vengano usati gli elementi di analogia per comprendere l’oggi e il potere dei poteri: chi controlla il mondo delle intercettazioni telefoniche (via rete o ambientali) è il padrone del mondo sottointeso alle relazioni dei poteri legittimi e non.
È opportuno in queste ore tornare su storie che sembrano datate perché mentre tu lanciatore di sassi fangosi mi hai messo temporaneamente fuori dai giochi i giochi si stanno facendo.

Ad esempio in Finmeccanica, cuore dell’eventuale e necessaria Strategia di Sicurezza Nazionale, inizia dalla security la ristrutturazione del Gruppo. È stata affidata a Paolo Campobasso, da pochi mesi ai vertici della sicurezza (il suo profilo su Linke-Din recita: “Senior Vice President and Chief Security Officer), la profonda revisione del sistema security di tutto il gruppo di piazza Monte Grappa.

Un incarico ricevuto dall’ad Orsi, che suscita sospetti e preoccupazioni ai piani alti di tutte le consociate, abituate a gestire la propria sicurezza in modo autonomo e, dicono, coerente con i differenti settori di operatività. Da quel poco che è emerso fino ad ora, l’idea è quella di creare una nuova società destinata ad assorbire la Digint (fondata da Fabio Ghioni, finito nei guai col suo “tiger team” per le vicende Telecom-Tavaroli su un asserito sistema di intercettazioni illegali). La Digint è una società che cura, per le procure, tutto il ricco e complesso business delle intercettazioni telefoniche. Oltre alla Digint la nuova società assorbirebbe importanti attività di Selex Elsag, uno dei tre poli strategici di Finmeccanica, attivo nelle comunicazioni e nei sistemi di Homeland Security, e in tutta la struttura del gruppo che opera a supporto della Polizia Postale (intercettazioni telematiche, sicurezza reti, etc.). La new-com avrebbe, in sostanza, la gestione esclusiva della sicurezza informatica, delle attività di video-sorveglianza e di ogni attività comunque collegata alle esigenze e al business della sicurezza dell’intero Gruppo Finmeccanica.

In questo modo sarebbero trasferite alla nuova società le funzioni di tutte le aziende del Gruppo operative nel campo della sicurezza che sono state tenute separate perché si è ritenuto fino ad oggi che andassero adattate e ritagliate su misura rispetto alle esigenze specifiche di ogni singola azienda (chi lavora all’estero, per esempio, ha problemi diversi da chi opera in Sicilia). Una prima conseguenza del progetto Campobasso sarà il trasferimento di personale verso la nuova struttura contestuale all’accorpamento in un unico centro di spesa, che dovrebbe essere gestito direttamente da Campobasso, delle risorse economiche finora impegnate nella security dalle singole partecipate. Alla nuova società farebbe poi capo anche la gestione dei contratti di fornitura di materiali e servizi nel settore sicurezza, che consente di far uso del sistema dell’affidamento diretto e senza gara, per “ragioni di sicurezza”. Insomma un vero e proprio centro dal quale dirigere e controllare di fatto tutto il Gruppo Finmeccanica, rivedendo la regola non scritta finora, che invece aveva sempre negato l’accentramento delle funzioni di security. E, non solo per ragioni di specializzazione operativa ma, soprattutto, per evitare la nascita di un “grande fratello” tanto potente quanto difficilmente controllabile. Che ai piani alti di piazza Monte Grappa credono al progetto affidato all’ex capitano lo dimostrano alcune iniziative tese a superare le forti resistenze interne.

Intanto si è avviato un primo turn-over: alla guida della sicurezza di Selex Elsag, Riccardo Barrile, ha dovuto lasciare (all’indomani del siluramento del suo ex amministratore delegato, Paolo Aielli) ed è stato trasferito al Commerciale. Al suo posto, Campobasso ha destinato l’ex capo (e prima suo diretto superiore) della Security del gruppo, il generale dei carabinieri Romolo Bernardi, retrocesso con qualche imbarazzo a vice dell’ex capitano. Insomma tutto sembra orientato a facilitare il neo progetto di Campobasso per creare una grande struttura di “intelligence“ Finmeccanica, con budget di spesa considerevole, un’ampia autonomia di selezione di fornitori tecnologici e di consulenti esterni (già in corso), e il controllo delle delicatissime filiere delle intercettazioni (telefoniche e informatiche).

Per informarti ho usato una fonte aperta di soli 5 giorni addietro altamente attendibile: ilVelino/AGV

Di questi argomenti mi interessavo quando tu, silente infangatore, hai provato a fermarmi.
Mentre gli Italiani terrorizzati dall’altalena borsistica, distratti dalla nazionale di calcio e dai terremoti, non sanno nulla (come al solito) di ciò che alcuni fanno ritenendo propria la Cosa Pubblica.
Intorno ai temi che ho esposto si gioca la sopravvivenza stessa del nostro Paese.
È così. Non è allarmismo.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 27/6/2012, 13:49





Caro silente “utile idiota”, alla 14° riga della puntata precedente, ho usato la parola “raccontino”.
Non la riuso e, invece, omaggio te e i pochi lettori di questo sito, di un “racconto breve”: L’ENIGMA DI TELECOM.
Non l’ho scritto io ma, a suo tempo, l’ho ispirato e commissionato ad un intellettuale atipico (di cui per ora indico rispettosamente solo le iniziali A.P.) che, comprendendo il senso di una mia narrazione autobiografica, un giorno di alcuni anni addietro, mi consegnò il divertimento letterario che oggi dedico, inedito ad Alan Mathison Turing nei giorni del suo centenario: 23/6/2012.
Avevo programmato di fare ben altro a ricordo di quanto il genio matematico seppe fare per tutti noi durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Ho potuto solo indire e realizzare il convegno “Lo Stato Intelligente. I finanziamenti europei per l’innovazione e per la sicurezza”.
La tua scaltra ingerenza nella mia vita e l’uso che i nemici della verità e degli interessi del Paese ne hanno saputo fare, mi hanno impedito di proseguire il programma celebrativo che avevo ideato.
Pubblico il “racconto breve” inoltre, come critica all’incultura sottointesa a troppe azioni “imprenditoriali” nel mondo delle telecomunicazioni e di Telecom in particolare.
La Telecom dei Colaninno e dei Tronchetti Provera e dei Luciani (quello che per ore, davanti ad attoniti dipendenti Telecom, sostenne il valore metaforico della vittoria di Napoleone Bonaparte a Waterloo) che hanno azzerato, con l’uso “privato” delle sponsorizzazioni e delle conventions, la tradizione culturale della SIP, Stet, Stet International, Finsiel, Italcable guidate per anni, da uomini sensibili all’arte e alla bella musica.
Chi non ricorda i concerti della domenica al Sistina voluti da Ernesto Pascale e realizzati in modo superlativo dal colto Mazzonis e dal suo staff in Italcable?
Speriamo che il perbene Bernabè, conoscitore, tra l’altro, di archeogemme e della loro affascinante storia e valore taumaturgico ed esoterico, un giorno prima della definitiva dismissione della sovranità italiana sulle telecomunicazioni, ridia denaro intelligente per un sostegno alla cultura esausta di questo nostro Paese.
Crisi o non crisi.
Ma questo è un altro capitolo.



L‘enigma di Telecom
Agosto 2004, folate di umida aria calda soffocavano una Roma ormai deserta dei romani. Il sole allo zenit rendeva l‘asfalto mellifluo, una sorta di manto di plastilina dove affondavano le scarpe di pelle e fondevano quelle di gomma.
La Dottoressa Actis, abituata ad un passo energico e deciso, dovette modificare la sua andatura per non rischiare che i sottili tacchi delle sue scarpe penetrassero il marciapiede, causandole ulteriori sgradite conseguenze.
Aveva fretta di raggiungere il ministero per verificare un dossier e riferire il prima possibile al presidente del consiglio. Laurea in matematica dopo gli studi classici, amante del barocco ed esperta di cinema muto, la quarantaseienne torinese che da vent‘anni si divideva tra Torino, Roma e la Silicon Valley era la consulente del servizio informazioni di Palazzo Chigi per quanto riguarda le questioni tecnologiche.

—Buon giorno Dottoressa, ben arrivata, l‘aspettavamo più tardi, dopo pranzo…… anzi, veramente io stavo proprio andando…“
—Buon giorno a lei Morini, ma sempre a mangiare pensa? Dopo, dopo; adesso dobbiamo fare ben altro !“.
—A sua disposizione, mi dica“
—Bene, mi prenda cortesemente il dossier del progetto presentato da Telecom Italia sul sistema tecnologico d‘intercettazioni telefoniche“
Morini si allontanò con zelo e dopo qualche minuto tornò con una specie di valigetta da pilota dotata di un lettore di schede per abilitarne l‘apertura.
—Morini, ma cosa mi ha portato?“ -esclamò la Actis con un leggero ma inconfondibile tono di disappunto.
—Perché?“
—Ma non vede che c‘è scritto ENIGMA?“
—Si, lo vedo, ENIGMA, dossier numero 6365-98F/2004….“
—Ma io le avevo chiesto il dossier del progetto presentato da Telecom Italia sul sistema tecnologico d‘intercettazioni telefoniche, cosa c‘entra questo…ENIGMA?“
—Mi scusi Dottoressa, ma il dossier di cui parla è questo; ho controllato il numero di riferimento con la descrizione del contenuto e corrisponde…..ENIGMA è probabilmente il nome dato al progetto e quindi il nostro archivista lo ha registrato così…“
—Cosa? Ma allora si spiega tutto, il nostro archivista deve aver preso lucciole per lanterne e ha scritto un titolo sbagliato sul dossier….ovvio …. non c‘è altra spiegazione …“
—Ma……veramente non capisco“ -replicò Morini con rispetto, sforzandosi di capire il problema -—perché dovrebbe esserci stato un errore del nostro archivista?…“
—Morini, lei sà cos‘è ENIGMA? —
—beh……… ecco…ehmm……enigma…“
Con un sorriso affettuoso la Actis mise fine all‘imbarazzo del suo assistente. —Lei ricorderà sicuramente che ENIGMA era il nome della macchina codificatrice usata dai nazisti nella seconda guerra mondiale per cifrare i loro messaggi“
— Ah ecco, si si, ora ricordo….“
—Ebbene, possiamo affermare che ENIGMA è il simbolo della tecnologia nazista sconfitta dal genio di un gruppo di scienziati, di donne e uomini liberi reclutati e raccolti da W. Churchill a Bletchley Park. Vede Morini, quella macchina fu progettata, se non ricordo male, nel 1918, dal tedesco Scherbius, che aveva preso spunto dal disco cifrante ideato dal nostro Leon Battista Alberti nel XV secolo. ENIGMA era ritenuta inviolabile dall‘ottuso delirio d‘onnipotenza del terzo reich; ed effettivamente con i suoi centosessanta miliardi di miliardi di chiavi possibili, nella versione più complessa, mise a dura prova i criptoanalisti più dotati dell‘epoca, e per i governi liberi furono anni di buio, come si soleva dire“

La Actis amava fare queste piccole lezioni che mostravano non solo la sua erudizione, ma soprattutto la passione per la divulgazione. Diceva sempre che i suoi momenti più felici erano quelli che passava durante le lezioni al Caltech, discutendo con i suoi studenti.
—La credevano inviolabile, ed invece, grazie alla gran capacità di fare squadra degli inglesi ed a svariate attività d‘intelligence molto efficaci, ENIGMA è stata una delle cause della debacle nazista, diventando uno strumento simbolo della loro sconfitta, ecco.“
—Capisco, ma non riesco ancora a collegare questo suo ragionamento con il problema del presunto errore del nostro archivista…“ -rispose Morini che vedeva l‘ora del pranzo allontanarsi sempre di più.
—Ma caro Morini: chi mai intitolerebbe ENIGMA un progetto d‘intercettazioni telefoniche? Un nome che richiama al nazismo con i suoi abomini, un nome sinonimo di sconfitta, di disfatta tecnologica; ma via, oltre che non opportuno sarebbe anche un titolo iettatorio non crede?“
—Già forse ha ragione…“ œ disse Morini meditando sulla spiegazione del suo capo.
—E poi cosa centra ENIGMA con le intercettazioni; si trattava di una macchina che cifrava, codificava le informazioni e le rendeva triplette di lettere prive di significato. Quello che invece c‘entra con il tema delle intercettazioni sarebbe il team della mitica Station X inglese, l‘erede della Stanza 40 del servizio cifra di Londra; sono loro che intercettavano e mettevano in chiaro le informazioni cifrate delle camicie brune. I messaggi ENIGMA dei nazisti diventavano così i messaggi ULTRA degli alleati; Ultra, questo era il nome con cui furono poi indicate le informazioni, ormai in chiaro, decrittate dal team di persone e geniali menti che con i primi vagiti dei futuri computer, hanno sconfitto trentamila simil macchine per scrivere“
—Ah, quindi il nome giusto sarebbe ”ULTRA‘, dico bene?“
—Beh, ”ULTRA‘ sarebbe sicuramente più indicato di ”ENIGMA‘; ma il nome più giusto, rimanendo ovviamente in questo scenario storico, sarebbe forse: COLOSSUS, l‘immenso insieme di valvole e relè che dal giugno del 1944 è stato l‘indispensabile partner elettronico del team di Bletchley Park …“
—Va bene“ - la interruppe Morini —però, …perché lei ritiene che sia colpa del nostro archivista….il progetto è stato prodotto e consegnato da Telecom Italia e…e quindi…il titolo sarà il loro….“
—Morini, ma lei crede che una grande azienda come Telecom Italia, erede della gloriosa Società Idroelettrica Piemontese, un laboratorio avanzato di tecnologia, colmo di grandi esperti e grandi manager, fortemente radicato nella nostra società, possa partorire un‘oscenità simile?? Guardi, appena laureata, ho avuto modo di lavorare presso uno dei loro laboratori a Torino, quando si chiamava ancora SIP, e le garantisco che il livello qualitativo delle persone era ai massimi livelli “
—beh….forse…in questo caso non …conoscevano bene…ehm …voglio dire….in fin dei conti sono dei tecnici, e…“
—Vede, Morini, lo staff di Telecom Italia che ha elaborato il progetto delle intercettazioni telefoniche è coordinato da un dirigente d‘alto livello dell‘azienda, che riporta direttamente al board ossia al presidente in persona della Telecom; i suoi quindici collaboratori sono dirigenti e quadri del massimo spessore, con una profonda esperienza e con un curriculum di studi universitari e post-universitari.—
—si capisco….però…..“
—…e lei pensa che questi non sappiano che cosa sia stata ENIGMA? Cosa questa abbia rappresentato? Che non conoscano le vicende storiche che ne hanno segnato la sconfitta?“

Morini la guardava dubbioso, mentre lei continuava convinta.

—Lei crede che, ad esempio, non sappiano che il matematico polacco Marian Rejewski è stato colui che ha violato Enigma? E che grazie al genio sempre poco celebrato di Alan Mathison Turing di cui, nel 2012 si celebrerà il centenario è stato possibile costruire, partendo da quelle di Rejewski, le più efficienti —bombe di Turing“, e quindi COLOSSUS, il primo computer in forma di bozza che ha permesso di decifrare i messaggi dei nazisti in un tempo enormemente breve, per quel tempo?

—Dottoressa, lei pensa che sapessero tutte queste cose?“ -chiese Marini con un tono velatamente scettico.

—Guardi Morini, io non li conosco personalmente, ma mi rifiuto di credere il contrario; magari non tutti sapranno i dettagli che le sto raccontando, ma sicuramente tutti sono in grado di documentarsi su quello che fanno e sui nomi che danno ai loro progetti; si ricordi che stiamo parlando di persone che lavorano per una struttura importante e strategica per il paese e non sarà loro costume ne la superficialità ne la mancanza di buon senso.“

Morini annui con un gesto del capo mentre lei proseguiva.

—Stiamo parlando di professionisti che, quando affrontano un progetto lo fanno al massimo, senza tralasciare il minimo dettaglio al caso, e quindi anche nella scelta del nome avranno posto il giusto impegno per individuare un titolo in linea con la visione strategica di fondo. Avranno probabilmente coinvolto, che so‘, qualche umanista, magari un laureato in filosofia, così da non sbagliare il titolo di un progetto di grande importanza per il paese“

—Quindi lei e convinta che si tratti di un semplice errore di trascrizione da parte del nostro archivista al momento della registrazione;…esclude a priori l‘ipotesi che sia il nome originale…“

—Va bene, allora facciamo un esempio definitivo. Ammettiamo pure che un virus abbia colpito lo staff di Telecom Italia che ha predisposto il progetto, togliendogli il potere dell‘intelletto e quindi facendogli partorire il nome ENIGMA. Il progetto è presentato al board di Telecom e quindi direttamente al Presidente per la loro approvazione. Non crede che la prima domanda sarebbe stata sul titolo scelto e sulle motivazioni? E quindi non crede che a quel punto il Presidente ne avrebbe immediatamente ordinata la modifica oltre che qualche severa punizione per il suo dirigente molto poco attento e sensibile?“

—Effettivamente non poteva passare il vaglio della Presidenza, a meno che… Dottoressa, e se invece il titolo ENIGMA vuole proprio intendere …enigmatico, da indovinare….“

Lei rispose con un sorriso appena ironico -—E cosa ci sarebbe di enigmatico? E cosa ci sarebbe da indovinare in un sistema d‘intercettazioni telefoniche? No guardi, mi creda, appena aprirò la valigetta avremo la conferma dell‘errore e sapremo anche il vero nome del progetto dato da Telecom Italia.“

—Si, a questo punto non rimane che aprirla e capire come stanno le cose“

—Morini, mi raccomando:, lei è sicuro che questa valigetta da titolo ENIGMA contiene il dossier sul progetto Telecom Italia per il sistema d‘intercettazioni telefoniche? Lei sa che come inserisco la mia tessera nella valigetta il sistema di controllo traccerà la mia azione e se invece risultasse che abbiamo aperto il dossier sbagliato mi troverei a dover spiegare le motivazioni per cui ho tentato di accedere a carteggi non inerenti il mio mandato, con tutto quello che ne consegue….“

—Dottoressa, le confermo che ho ricontrollato il numero del dossier sul registro ed il contenuto è quello che lei sta cercando…Può stare tranquilla“

—E va bene, allora apriamo e leggiamo il nome vero del progetto; poi lei invece mi darà il nome dell‘archivista che si è occupato della registrazione…..“

I veloci e nervosi passi della Actis violarono il sacro silenzio pomeridiano del cortile ministeriale. Quei rigidi colpi di tacco intervallati da pause quasi impercettibili erano il suono dello sdegno; lei pensava di dover fare nottata ed invece stava tornando nella sua casa al quartiere Trieste con il sole ancora padrone del cielo.

Aperta la valigetta ne tirarono fuori tutta la documentazione: schemi, dati tecnici, profili aziendali, relazioni finanziarie e business plan; ed in cima a tutti il documento principale, il più corposo:

Progetto ENIGMA: Il nuovo sistema d‘intercettazioni telefoniche a servizio delle procure della Repubblica Italiana.

Sotto il titolo, in prima pagina, le firme del Presidente di Telecom Italia, del suo Direttore Generale, e di uno stuolo di primi dirigenti.

Morini, appena lesse, guardò cautamente la Actis per coglierne la reazione senza darne a vedere; lei dopo l‘iniziale smarrimento iniziò a sfogliare energicamente le pagine per cercare un paragrafo che indicasse le motivazioni del titolo: niente di niente. —il nuovo sistema ENIGMA permetterà alle procure di accedere….“, —grazie alle nuove funzionalità di ENIGMA messe a punto da Telecom Italia sarà finalmente possibile….“ Niente!
In quel momento il tono e le parole della Actis divennero la massima espressione possibile del disprezzo. Poi chiese a Morini di chiamare il responsabile del progetto in Telecom Italia e di chiedere conferme e motivazioni.
—Caro Dottor Morini, adesso non ricordo bene come avvenne, ma mi pare che fosse un‘idea di un nostro collaboratore o forse addirittura della moglie; in ogni caso ad un certo punto questo nome ENIGMA iniziò a circolare e ci sembrò un titolo calzante oltre che bello, e quindi lo scegliemmo. Ma perché me lo chiede, forse a lei non piace? In ogni caso, sa, alla fine è solo un semplice titolo su un pezzo di carta, cosa vuole che conti. Comunque,…….adesso che ci penso,…. enigma non è forse il sistema con cui gli americani decifrarono i messaggi dei tedeschi nella seconda guerra mondiale? Si mi pare proprio si chiamasse così; …. beh se così fosse allora il titolo sarebbe proprio azzeccato ! eh eh eh“

Morini riportò il commento fedelmente, senza omissioni. A quel punto il suo capo gli chiese di riporre tutta la documentazione nella valigetta e di riportarla in archivio. Non avrebbe letto nemmeno una pagina del progetto. Chiamò la Presidenza del Consiglio spiegando la situazione ed il suo stato d‘animo e confermando che la mattina successiva avrebbe consegnato il suo rapporto.

La Dottoressa Actis giunse a Piazza Verbano immersa nei suoi pensieri sulla pochezza di quegli uomini che disonoravano, con il loro ruolo di responsabilità immeritata, il lavoro, la passione e la professionalità di migliaia di ottime persone che comunque hanno fatto e fanno la Telecom Italia.

Poi, il suo umore cambiò appena vide il vecchio che sperava d‘incontrare; era lì, seduto sulla sedia fuori dal portone, come al solito intento a controllare il divenire della piazza.

—Caro signor Giuseppe, come sta?“ -Il signor Giuseppe era uno splendido vecchio di novantadue anni di una lucidità che sfidava apertamente la scienza geriatrica

—Eh, cara signorina Laura“ -era l‘unico che continuava a darle della signorina per il fatto che non fosse sposata -— sono qui che guardo il mondo che gira. Vede“ -disse indicando la piazza con le mani aperte -“, è come un grande cinema all‘aperto dove non si paga il biglietto e lo spettacolo non finisce mai“

La saggezza di Giuseppe era come una calamita per Laura Actis, che non poteva fare a meno di passare a piazza Verbano, per salutarlo, ogni volta che tornava a casa. Mentre parlottavano delle solite cose, la Actis fu colpita da un impulso irresistibile: doveva chiederglielo.
—Le vorrei fare domanda un po‘ strana — -disse come una nipotina che sta per chiedere i soldini del gelato al nonno. Il vecchio piegò leggermente la testa verso di lei e con uno sguardo sereno e gioviale attese la domanda.
—Ecco, ….se lei dovesse dare un nome ad un sistema d‘intercettazioni telefoniche….che nome darebbe?“

Il vecchio la guardò per alcuni secondi, poi si portò la mano al mento come per aiutare la sua riflessione e quindi esclamò -—Lo chiamerei Jack“

Il volto della Actis s‘illuminò di uno stupore ammirato che ormai riservava solo alle grandi occasioni. Il vecchio non le lasciò il tempo di fare la domanda.

—Si, jack, lo chiamerei proprio jack. Le spiego: a vent‘anni fui assunto alla Teti, la società di telefonia che aveva la concessione per il Lazio ed altre regioni. Bene, all‘epoca non c‘erano ancora le centrali automatiche ma a commutazione manuale. Noi lavoravamo su dei tavoli pieni di buchi e di cavetti che terminavano con dei spinotti, i jack appunto. Quando dovevi far parlare due persone le mettevi in contatto collegandole attraverso questi cavetti. E se volevi inserirti nella conversazione, anche solo per sentire, c‘era un apposito foro; bastava inserire il jack ed ascoltare nelle cuffie quello che si dicevano, a loro insaputa. Jack, Tutto qui.


Enigma (al di la dell’orribile autolesionistico nome) era un innovativo sistema informatico di supporto all’attività investigativa dell’Autorità Giudiziaria che avrebbe consentito non solo di gestire in maniera unificata le intercettazioni audio, video e dati, ma anche di automatizzare, ad elevati standard di sicurezza, tutte le pratiche amministrative e gestionali svolte manualmente dal personale della Procura.
I dati, su linee protette, sarebbero stati convogliati in un unico Archivio elettronico.
Il sistema Enigma avrebbe acquisito le comunicazioni, voce e dati provenienti da tutte le tecnologie di rete in uso in quel momento: PSTN, ISDN, XDSL, GSM, GPRS, UMTS, Internet garantendo una significativa riduzione dei costi per la Pubblica Amministrazione, l’integrità e la sicurezza dei dati.
Ho deciso di raccontare chi, come e perché impedì che il sistema Enigma divenisse, con largo anticipo (6 anni fa), uno strumento di efficienza e di risparmio strategico per la nostra collettività.
A domani caro silente diffamatore.

Oreste Grani
 
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prefisso
TOPIC_ICON8  view post Posted on 4/7/2012, 16:53




Inserisci qui il tuo messaggio
Esimio prof. Grani perchè non trasforma la sua vita in un film ?
Se il 10% delle cose che scrive è vera potrebbe produrre almeno una trologia.
A presto
 
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Oreste Grani
view post Posted on 6/7/2012, 09:00




Caro prefisso,
particella che messa innanzi ad un vocabolo ne muta il significato, grazie per avermi letto ed inoltrato un messaggio. Le percentuali in cui il vero e il falso, in questa vicenda complessa, troveranno un loro equilibrio saranno, a mio giudizio, la lieta sorpresa per chi avrà pazienza sufficiente per continuare a leggere l'ormai necessario lungo racconto delle mie vicende. Io ho fornito e fornirò solo informazioni vere e riscontrabili al 100%. Mi scuso sin da adesso di eventuali lievi inesattezze dovute all'emozione profonda che provo a rendere noti dettagli biografici che ho saputo tenere riservati per una vita intera. I films sono altro, così come è altro l'anonimato di cui ti avvali.
Rimango, in attesa fiduciosa, di capire se ti prefiggi (prefissi) uno scopo o se sei un gentile casuale lettore.

Oreste Grani

PS non sono professore in niente.
 
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Oreste Grani
view post Posted on 7/7/2012, 17:48




Sull’Espresso del 30 luglio del 1998 Eugenio Scalfari scrive: “A volte mi capita di pensare quanto sia effimera l’importanza che attribuiamo a certi fatti e l’intensità che certe passioni esercitano su di noi: nel volgere di pochi anni quelle stesse passioni ci diventano estranee e ci sembra quasi inverosimile che abbiano potuto possederci così interamente. Eppure la nostra vita è stata ed è in ogni suo momento tessuta sui fatti e sulle passioni che da essi si sviluppano: sono loro che ci tengono radicati in noi stessi, e il loro succedersi modella, nel bene e nel male, la nostra individualità anche quando le foglie del nostro albero della vita, un tempo verdi, si sono ingiallite e altre sono spuntate al loro posto sul tronco e sui rami. Ciò che tiene insieme le passioni di ieri ormai spente e quelle di oggi ancora vigorose e operanti è la memoria, e il modo con cui essa seleziona il passato e lo rapporta al nostro presente. Sicché le persone sono la loro memoria e nient’altro che essa.”

A proposito di memoria tanti anni fa per ghettizzare il pensiero politico di Randolfo Pacciardi e dei suoi intelligenti, lungimiranti collaboratori organizzati nell’Unione Democratica per la Nuova Repubblica, indegni avversari politici li definirono “gollisti” cercando così di alienargli le simpatie di molti sinceri democratici.
Tanti anni fa l’assolutista antidemocratico Charles De Gaulle, intervistato da Indro Montanelli, ebbe a dire che l’Italia non era un Paese povero ma un povero Paese. Alla luce di quanto è avvenuto e continua ad accadere come dargli torto? Come si dovrebbe definire un paese in cui un uomo politico, mentre era Presidente del Consiglio era sistematicamente esposto al ricatto di puttane e di ruffiani, circondato quotidianamente da starlette assetate di successo se non un povero Paese senza Intelligence e Forze di Sicurezza? Come si dovrebbe definire se non un povero Paese un Paese in cui il ministro Scajola ha affermato di non essere in grado di stabilire chi abbia pagato l’acquisto della sua casa al Colosseo?

Caro calunniatore (sconosciuto ancora per poco) la compagna della mia vita, per seguirmi nel sogno ipaziano, non si è fatta comprare una casa da generosi sconosciuti donatori ma, venduta la sua di casa al Colosseo, ha versato tutti i proventi di quell’atto legittimo nei conti della società che operava a sostegno del nostro disegno culturale per una Repubblica più giusta e più pulita.

Caro silente infangatore come definiresti un paese che affida all’esagitato Ignazio La Russa la difesa dei propri interessi geopolitici, se non un povero Paese?
Come definiresti un paese che ha nominato Franco Frattini, Ministro degli Esteri, personaggio politico che non ha trovato in tanti anni un paese amico che gli “raccontasse” gli avvenimenti un’ora prima ma sempre informandolo un’ora dopo gli accadimenti?

Mascalzone silente, vigliacco nell’ombra, come chiameresti un paese che ha affidato al secessionista Maroni le sorti della sicurezza dell’ordine pubblico di tutti noi?
Io l’ho chiamato e continuo a chiamarlo (pur amandolo) un povero Paese e basandomi su questa mia valutazione ho deciso, da anni, di farmi Stato, e, fino a quando non sei spuntato tu, fungo malefico, ad aggredirmi, c’ero riuscito.

Il 14/2/2012 stavo facendo qualcosa per la mia Patria e la mia gente.
Di questo risponderai quando deciderò che è l’ora di rivelare il tuo nome e il tuo ruolo di agente provocatore.
Per ora, ti ringrazio per avermi spinto a reagire e a raccontare il senso del mio impegno invece di continuare a servire tacendo.

Così, come più ci penso sono grato, come ho già avuto modo di dire, a Oliviero Bartoletti, Fabrizio Bartoletti e Alessandro Licata per il loro inutile tentativo di inibirmi il proseguo del disegno di legalità che con grande successo avevo cominciato a rendere pubblico durante il Convegno “Lo Stato Intelligente: i finanziamenti europei per l’innovazione e per la sicurezza” tenutosi il 23 marzo 2012 alla Camera dei Deputati nel centenario della nascita di Alan Mathison Turing, eroe dell’intelligenza automatica e di una nuova cultura dell’informazione e dell’intelligence.

Oggi è sotto gli occhi di tutte le donne e gli uomini onesti che la politica di controllo della spesa dello Stato e la moralizzazione delle modalità con cui i finanziamenti pubblici ed europei saranno distribuiti è una delle carte da giocare per la salvezza e la sicurezza del nostro Paese scegliendo un’equa distribuzione di questi fondi a favore della piccola e media impresa eccellente italiana, bypassando i “colossi” che hanno fino ad oggi drenato a favore della partitocrazia la maggior parte delle disponibilità.

In particolare in queste ore la sigla CONSIP e il suo ruolo di controllo cominciano ad essere noti ad un sempre maggiore numero di cittadini consapevoli.
Anche di questa divulgazione, con largo anticipo, mi ero fatto carico durante il convegno citato.

Avviso a tutti i piccoli sorci affamati di denaro pubblico: chiunque voi siate o sotto qualunque veste riteniate di essere riusciti ad avvicinarmi, mimetizzandovi per strumentalizzarmi, sappiate che non avendo avuto l’abilità di uccidermi, così come ho saputo fare i conti, al momento opportuno, con Bruno Giordano, il diabolico promotore di DataBase e di 41 società affiliate (arrestato); con Pio Piccini, il tessitore della trama che da Omega spa arriva fino a Eutelia e alla devastazione di migliaia di vite di onesti lavoratori (arrestato); con Cristiano Costanzo, tecnico ingaggiato dalla Giunta del comune di Parma (liquidato e crollato sotto le macerie del malaffare) farò i conti, grazie alla magistratura e alle leggi repubblicane, anche con voi.

Giordano, Piccini (quale?), Costanzo sono accumunati dal loro aver pensato cosa facile tradire il disegno di Ipazia dopo averne invocato l’aiuto ed utilizzato le risorse intellettuali e finanziarie.

La lista di coloro che, sopravvalutandosi e sottovalutandomi, hanno pensato di potermi usare come un taxi è lunga perché il mio agire assomiglia a quello di uno scultore vagabondo “che passeggia per il mondo e raccoglie un filo qui, una latta là, un pezzo di legno più in là, e li unisce nel modo consentito dalle loro strutture e circostanze, senza altro motivo se non che è lui che può unirli”. [Leibniz]

Diceva sempre Eugenio Scalfari quel 30 luglio del 1998: “… la memoria seleziona i fatti e il loro ricordo, e così agisce sulla personalità come la ruota dell’arrotino affila la lama di forbici e coltelli.”

Difficile essere nemici di Ipazia Alessandrina.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 10/7/2012, 17:18




Il titolo di questa mia narrazione potrebbe essere, alla fine, “flashback”.

… un filo qui, una latta là, un pezzo di legno più in là…
Tempo addietro (18 gennaio 2006) ben intervistato da Alberto Statera, Franco Ceccuzzi, in quel momento segretario dei DS di Siena e prossimo candidato alla Camera dichiarava: «Piccini, con Tremonti e soprattutto con Berlusconi, ha un obiettivo chiaro: scalare la città e il Monte dei Paschi. Un complotto che parte da lontano, anzi da un paesino delle vicinanze. Da Radicofani, patria di Ghino di Tacco, il brigante di craxiana memoria, dove per la prima volta la destra ha vinto le comunali, con il presunto aiuto della Mongolfiera di Piccini. Un complotto che vede protagonista tale Denis Verdini, che sarebbe la liason dengereuse dell' ex sindaco diessino espulso e tornato «ricco e spietato». Questo Verdini, deputato berlusconiano, detto - poveretto - il «Berluschino toscano», sembra, per come lo raccontano, un personaggio di «Amici miei»: Tognazzi, Adolfo Celi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, scegliete voi. Imprenditore televisivo locale e editore dell' inserto regionale del Giornale di Paolo Berlusconi, diventò famoso quando fu accusato di aver violentato un' avvenente cliente del Credito Cooperativo, banca di cui è presidente. Fu assolto dall' accusa di violenza sessuale. Ma rinviato a giudizio per rivelazione di segreto bancario, violazione della legge sulla privacy e diffamazione, perché rivelò notizie sull' esposizione della signora insidiata, di suo marito e dei loro amici. Provincia pura. Meno boccaccesca, ma più preoccupante, la vicenda di qualche anno prima, quando la Guardia di Finanza, su segnalazione della Banca d'Italia, irruppe nella sua banca a Campi Bisenzio, Firenze, per un' indagine di falso in bilancio. Che c' entra questo Denis Verdini, affascinante televisionario di provincia, con le peristalsi di Siena tutte interne ai diesse e alla sinistra? Il presidente della Provincia Fabio Ceccherini ce la spiega così: « Piccini, con Verdini e altri del mondo della finanza, ritengono scalabile la città di Siena e il Monte dei Paschi, prede da portare in dote al loro capo Berlusconi. Ed è quello che tentano di fare». Dio mio, scalare Siena la rossa e il Monte ? «Certo, questo è il progetto. Girolamo Guicciardini Strozzi - scandisce Ceccherini - è stato nominato al Monte in sostituzione di Gnutti da Gnutti stesso e il nome, guarda caso, è stato fatto da Tremonti. Quella è la filiera. Gnutti e i i furbetti. Le pare commendevole, le par poco?» Ci pare moltissimo, ma, in somma ingenuità, continuiamo a chiederci perché degli amministratori politici come quelli che incontriamo a Piazza del Campo, lievemente sfuggenti su Consorte ma ben agguerriti su Gnutti, debbano essere arbitri dei destini del nostro sistema bancario?». Anch’io per anni mi sono chiesto perché dovessimo affidare il destino del nostro sistema bancario e quindi del Paese stesso a gente di questa risma.
Che strano personaggio questo Pierluigi Piccini che nasce e cresce comunista nel PCI e finisce sospettato di essere un piccolo (molto alto però di statura) leccaculo di Denis Verdini e quindi, in un malsano trenino erotico, del deretano di Silvio Berlusconi. Ho conosciuto Pierluigi Piccini quando Pio Piccini me lo ha presentato. Più avanti racconterò di loro, della Maserati 4 porte che li unisce, di Maurizio Migliavacca, della Mongolfiera e di un’opportunità mancata.

Mi sono affidato alla prosa di Alberto Statera, per introdurvi alla complessità senese, perché Alberto è una persona seria, ben cresciuto da una madre molto attenta alla formazione culturale dei suoi figli (quattro e tutti maschi) e da un padre, Vittorio, profondo conoscitore dei meccanismi della Prima Repubblica di cui fu uno dei più apprezzati giornalisti parlamentari e poi su, su fino ad essere l’addetto stampa del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.
Dicevamo che Alberto Statera è una persona seria, colta, documentata e ben informata da fonti attendibili e lo sanno bene i tanti che ci hanno rimesso le penne quando Statera li ha presi di mira e ne ha denunciato le trame affaristiche e antidemocratiche.
È opportuno, per capire il groviglio “armonioso” o “bituminoso” senese, leggere un suo più recente articolo:
“Siena ricca, rossa e immobile il Pd è sempre davanti a tutti ma il terzo polo sogna il colpo
SIENA 8 aprile 2011 - «Un groviglio armonioso». Così, con immagine vagamente esoterica come gli compete, Stefano Bisi, presidente del Collegio dei Venerabili della Toscana - 110 Logge e 3 mila massoni del Grande Oriente d'Italia - definisce Siena, che in maggio va alle urne con altri 27 capoluoghi italiani per eleggere il nuovo sindaco.
«Un groviglio sì, ma bituminoso», controbatte Claudio Martelli, ex vicepresidente del Consiglio, ex ministro, ex vicesegretario del Psi con Bettino Craxi, che, redivivo dopo molti lustri, a 67 anni si candida capolista di una formazione che porta il nome del candidato sindaco Gabriele Corradi, padre dell'attaccante dell'Udinese, insieme all'Udc, a Fli e all'Api, di Casini, Fini e Rutelli. Il Nuovo Polo - «attenzione non Terzo» avverte lo storico ex sindaco comunista Pierluigi Piccini, che ha contribuito a metterlo insieme- promette di scardinare quel blocco di potere che vede qui uniti da decenni in un grande abbraccio politica, capitalismo, Chiesa, Opus Dei e massoneria, sotto l'ala benefica del Monte dei Paschi, terzo gruppo bancario d'Italia che si fregia del titolo di più antica banca del mondo.
In nome dell'arcidiacono Sallustio Antonio Bandini che «la dottrina della libertà economica insegnò prima per la prosperità», come recita l'iscrizione ai piedi della statua che svetta davanti al castellare duecentesco dei Salimbeni, dove ha sede il Monte. Città-banca, o, se volete, banca-città o addirittura città-Stato, che Giuseppe Mussari, assiso da presidente nella rocca sotto l'affresco della Madonna della misericordia dipinto da Benvenuto di Giovanni del Guasta, traduce in «centralità millenaria», costruita intorno al Monte, che nei secoli passati ebbe potere di vita e di morte non solo sui dipendenti, ma anche sui clienti.
Quel che a Roma Berlusconi divide, qui il Monte e la massoneria uniscono, persino in un segreto afflato d'amorosi sensi tra il Pd, che governa da decenni nelle sua varie incarnazioni, e il Pdl.
I senesi, si sa, sono gente di contrada, un po' anarchici, un po' spocchiosi e anche parecchio smaliziati. Come toglierea molti di loro dalla testa che il candidato sindaco berlusconiano Alessandro Nannini, ex pilota automobilistico, fratello della cantante Gianna e continuatore delle pasticcerie paterne, non troppo quotato politicamente, sia stato scelto da Denis Verdini che, nonostante i guai giudiziari della Cricca P3 e della sua ex banchetta fiorentina, qui comanda ancora, per favorire Franco Ceccuzzi, deputato, ex segretario del Pd locale e candidato del centrosinistra? Gli equilibri vanno preservati. Perché, come ci ha spiegato il sindaco uscente Maurizio Cenni con incantevole sfoggio di senesità: «Noi qui, bonini bonini, abbiamo due o tre cose su cui non ci si divide mai tra destrae sinistra: la banca, il Palioe la nostra indipendenza». Non a caso, Ceccuzzi e Nannini hanno usato quasi le stesse parole contro il ministro Michela Brambilla, la rossa pasionaria berlusconiana che aveva attaccato il Palio: «farneticante» l'uno, «insensata» l'altro.
Nella banca, in fondazione e in consiglio d'amministrazione, sono tutti equamente rappresentati su designazione della politica e tutti hanno il loro tornaconto piccoloo grande di potere.I partiti, la Chiesa, la massoneria che qui, al tempo stesso, è partito della borghesia, come diceva Gramsci, e del ceto medio impiegatizio commerciale, come sosteneva Croce. Tutti rappresentati tranne i gay, i quali infatti più di una volta hanno pubblicamente protestato: «A Siena siamo più noi dei cattolici, perché la curia ha un posto in fondazione per il signor Alessandro Grifoni e noi no?». Ma oggi la politica è moribonda, la massoneria, che il presidente della regione pd Enrico Rossi ha appena definito un benemerito centro di «spiritualità laica», è scossa dalla guerra in corso contro il Gran Maestro del Goi Gustavo Raffi, e anche la banca non sta tanto bene. Per non dire dell'università, altra istituzione-cardine cittadina, con 15 mila iscritti, che il ministro Tremonti vorrebbe chiudere perché ha messo insieme qualcosa come 250 milioni di buco. Il Maestro Bisi, assai vicino al Gran Maestro Raffi, protesta che bisogna smetterla di denigrare, come fanno la squadra nuovopolista di Corradi-Martelli-Piccini e la candidata della Sinistra per Siena Laura Vigni. La città è da un decennio ai primi posti in Italia per qualità della vita, ottava nel reddito pro-capite (28.620 euro) e, con serena armonia, fa passeggiare dalla mattina alla sera i suoi cittadini in un circuito toponomastico massonico che va da Giovanni Amendola a Silvio Gigli, da Goffredo Mameli a Artemio Franchi, da Camillo Benso di Cavour a Luciano Bianchi, ex sindaco ed ex presidente del Monte, icona della convergenza di poteri, come Bisi documenta in un libro intitolato Stradario massonico di Siena, che fa il paio con La carica dei 101 e più, medaglioni dei senesi illustri di oggi. Naturalmente, in percentuale quasi bulgara sono dirigenti, dipendenti, ex dipendenti e pensionati del Monte. Che dal 2007 ha perso il 70 per cento del valore in Borsa e fatica ancora a digerire il boccone dell'Antonveneta, presa per 9 miliardi, più ammennicoli, dopo la saga dei furbetti del quartierino.
La Banca d'Italia ora vuole un aumento di capitale di almeno2 miliardi, che cambierebbe gli equilibri senesi se la fondazione dovesse perdere la maggioranza, che sarà difesa a oltranza.
A fare il controcanto, la voce solitaria di uno scrittore locale che sforna in continuazione libri di denuncia. Si chiama Stefano Ascheri, ha collezionato un cesto di querele raccontando gli scandali senesi. La lista è lunga: dal mega-aeroporto che si vorrebbe Ampugnano, a un tiro di schioppo dal centro, per il quale è indagato per concorso in turbativa d'asta il presidente del Monte, all'intervento senese per ripianare 3 milioni di scoperto di Denis Verdini nella sua ex banchetta fiorentina, dall'inchiesta sul presidente dell'Antonveneta Andrea Pisaneschi, ai presunti brogli nell'elezione del rettore dell'università, sui quali è stata interrogata anche il ministro Maria Stella Gelmini, fino agli interessi della famiglia Monti-Riffeser, proprietaria della Nazione, del Carlino e del Giorno, che punta a una speculazione edilizia nella tenuta di Bagnaia, dove convolarono a nozze Pierferdinando Casinie Azzurra Caltagirone, figlia di Franco, vicepresidente del Monte. Ma la vicenda più sulfureaè quella dell'incendio all'interno della curia vescovile per il quale il pm Nicola Marini ha accusato monsignor Giuseppe Acampa, quarantenne economo della diocesi, legato all'arcivescovo Antonio Buoncristiani, difeso da Mussari, che, oltre ad essere presidente del Monte, fa l'avvocato penalista. Se fu Acampa davvero ad appiccare l'incendio, perché lo fece se non per far sparire documenti sulla gestione di lasciti e beni della Chiesa? E qui entra in scena anche un industriale delle scarpe del Nord-Est, René Caovilla, che sarebbe stato favorito dal monsignore nell'acquisto del complesso immobiliare del Commendone, ricevuto in eredità dalla Chiesa. Armoniosi grovigli.
«Quanto basta - secondo Martelli - per spiegare perché, con il 45 per cento alle regionali, il primo partito di Siena è ormai quello degli astenuti, che non ne possono più di un sistema che vede complici centrosinistra, centrodestra, massoneria, potere bancario e religioso. Nulla ho contro la massoneria, se è alla luce del sole, ma qui l'intrico di poteri ha poco di trasparente».
Le ambizioni del Nuovo Polo sono superlative. Martelli, in coro con Piccini, si dice certo che al ballottaggio andrà il loro candidato Alessandri e non il berlusconiano Nannini, anche lui proveniente da sinistra, ed esibiscono un sondaggio che dà il Pd Ceccuzzi al 40, loro al 29 e Pdl più Lega al 20. Velleitarie aspirazioni terzopoliste? O davvero c'era una volta Siena la rossa col suo groviglio armonioso? Alberto Statera”

È andata a finire in altro modo, dato che, Ceccuzzi ha vinto al primo turno superando il 50% dei voti espressi; secondo, con una percentuale non sufficiente per il ballottaggio, è arrivato Alessandro Nannini; terzo, poco lontano, Gabriele Corradi.
Il giorno dopo il risultato elettorale, la quotazione in borsa del Monte dei Paschi ha cominciato a scendere e ancora non si è fermata.
La Banca, invece, per bocca di Francesco Fanti, responsabile dell’Area Centro e Sardegna del MPS, nei giorni vicini alle lezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011, annunciava l’assunzione di 400 giovani, entro l’anno, di cui oltre il 10% nel Lazio. In queste ore, dopo le dimissioni di Ceccuzzi (21 maggio 2012), la Banca si prepara a mandare a casa 4600 persone. Di chi è la responsabilità di tutto questo lo vedremo più avanti.

Caro infangatore, ti fornisco un primo esempio di corrispondenza intercorsa tra me e Pierluigi Piccini. Il senso di questo allontanarmi da una forma di riservatezza è che è l’ora della verità e a Lei voglio rendere omaggio:

“Da Oreste Grani
a Pierluigi Piccini

Date: 20 ottobre 2010 13:18
Oggetto: essere amici del coraggio

Chi sa di me sa che ho sempre pensato e, a volte, potuto dire riservatamente agli amici più cari (soprattutto dopo averti conosciuto), che nella primavera del 2011 il Piave sarebbe passato per Siena.
Le cose stanno andando così e alcuni tra i più accorti si stanno organizzando per la battaglia “finale”.
Tu evidentemente sei fra questi.
Spero tu lo stia facendo non solo per motivi di giusti sentimenti personali, ma anche per il Paese tutto e l’Europa che sarà.
Sono stato alcune settimane addietro a Siena in occasione di un convegno di studi “Calvino. Lezioni senesi”.
Al 7° livello(!) in un luogo (Complesso Museale Santa Maria della Scala) che mi ha obbligato a ricordarmi di te.
Come certamente sai, ho dedicato una parte della mia vita (gli ultimi 21 anni) alla figura di Ipazia alessandrina e Calvino ha intitolato una delle sue città invisibili proprio ad Ipazia.
Ma non di questo ho desiderio di parlarti, quanto piuttosto della nostalgia che ho sentito in città, non so dire se della tua persona ma certamente della tua statura intellettuale e della “grandeur” (ancor prima di andare anche tu, come Calvino, a vivere a Parigi) con cui hai guidato la comunità senese.
Tutta Santa Maria della Scala, che ho avuto l’opportunità e l’onore di visitare anche nelle sue parti in divenire (incredibile quante azioni ci sia possibilità di fare trasformando quei 40.000 mq in una metaforica piattaforma strategica per la rinascita del Paese tutto), parla di te e di un’occasione che non deve essere mancata.
Soprattutto, in prospettiva 2019, della possibilità di candidare Siena come Capitale Europea della Cultura.
Ho saputo dall’appassionata e competente ing. Tatiana Campioni quanto sei stato determinante e lungimirante nella vicenda del Santa Maria della Scala.
Ancora si lavora, tra mille difficoltà, con i soldi (stanno finendo) che la tua volontà ha procurato alla città e al mondo.
"Oh cara, dappertutto c'è divisione: tra ciò che si muove e ciò che sta, tra ciò che si disgrega e corre verso la gola spalancata del futuro e ciò che si aggrappa alle macerie per resistere. Ipazia è la coscienza di questo, e in più la forza che accellera il moto. Non sono con lei, non la seguo, sono troppo perplesso e tardo, ma non posso non ascoltarla quando argomenta e fa gemere la discordia e vibrare la gioventù del mondo".
Mario Luzi, amato e conosciuto anch’egli in Siena, era stato profetico sulle macerie del nostro Paese e sul ruolo che Ipazia avrebbe potuto svolgere per scuoterne la gioventù.
La sua visione non poteva coscientemente arrivare a leggere nelle macerie del vecchio ospedale senese il luogo di rinascita della nostra bella Italia e, perché no, dell’Europa stessa.
Ma noi possiamo farlo.
Io da anni preparo questo momento, e mi pare arrivato ora il tempo di provare a proporre Siena al Paese intero come modello di eccellenza e di buongoverno, come argine al corso rovinoso di una politica senza più spessore, incapace di progettare il futuro e succube per ciò stesso – anche a Siena, proprio a Siena! – della minaccia leghista di pervenire alla frantumazione del Paese dando l’assalto ai suoi tesori, dai più simbolici ai più tangibili.
Questa lettera è un gesto che sento di poter compiere per un possibile comune ragionamento sul futuro di Siena e soprattutto per la sua candidatura per il 2019.
Ti so impegnato quale coordinatore toscano della compagine politica da poco fondata da Rutelli, Tabacci ed altri.
Il PD nazionale è ciò che tu meglio di me sai.
Il PD toscano è come quello nazionale.
Per Siena e per l’Europa Ceccuzzi non sarà una soluzione.
Del PDL e della Lega, oltre al già detto, preferisco tacere.
Per come stanno le cose oggi, nessuno può ragionevolmente sostenere che vincerà quello o quell’altro.
Io ho allungato lo sguardo e con Ipazia Preveggenza Tecnologica e con le sue forme onlus Ipazia Promos e Il sogno di Ipazia, sostengo Federculture e l’iniziativa di Ravello Lab che dal 21 al 23 ottobre 2010 ragionerà delle candidature per il 2019.
Il tema della manifestazione è infatti “Lo sviluppo guidato dalla cultura: creatività, crescita e inclusione sociale” e pone al centro il tema delle città e della loro capacità di produrre valore economico e sociale attraverso la cultura, l’inclusione sociale e la costruzione della società della conoscenza.
All’evento, imperniato su tre sessioni parallele di lavoro – “Lo sviluppo a base culturale delle aree urbane”, “Le industrie creative per la competitività territoriale”, “La progettazione formativa” – Ipazia Preveggenza Tecnologica ha deciso di fornire un proprio contributo di idee e di organizzazione materiale, convinta di dover rafforzare ogni processo che punti sulla cultura come principale risorsa strategica per la rinascita del Paese.
A Ravello, inoltre, Ipazia Preveggenza Tecnologica proporrà anche il tema della legalità, traumaticamente esploso in quello stesso contesto geografico a seguito del recente, drammatico omicidio di Angelo Vassallo, Sindaco di un comune del Cilento. La Fe.Mi. – Federazione Italiana delle Micro Web Tv – sostenuta e partecipata da Ipazia Preveggenza Tecnologica, il 05/11 manderà in onda, con modalità di “rete unificata” come già sperimentato con successo in occasione di “Rita101” e “Liberarete”, “Cose Nostre”, iniziativa contro le mafie per la legalità e la cultura, in ricordo di Angelo Vassallo.
A Ravello ci sarà anche l’ing. Tatiana Campioni con cui, è doveroso dirtelo, da tempo ragiono delle sorti di Siena (elezioni 2011) e del Santa Maria della Scala.
La signora sarà presente anche a Genova, in occasione della V edizione (9-17 novembre 2010) del Festival dell’Eccellenza al Femminile, intitolato alla figura di Ipazia (www.eccellenzalfemminile.it), per partecipare ad un dibattito sull’”Economia al femminile”. Anche su questo importante evento, Ipazia Preveggenza Tecnologica sta investendo una parte consistente delle proprie risorse materiali e immateriali, coerentemente alla propria vocazione a prevedere e, almeno in certa misura, ad influire sul corso futuro delle cose.
Come vedi ho parlato di altro che della amoralità del tuo omonimo (Pio Piccini) che ci ha diviso e a cui avevo, come ricorderai, profetizzato una infelice sorte (l’arresto avvenuto).
Difficile essere nemici di Ipazia.
Passiamo oltre.
È tempo di grandi cose come tu hai saputo fare e potresti tornare a fare.
Bisogna però, in ore così gravi, trovare amore per il bello e per il giusto.
Bisogna però allontanare la paura ed essere amici del coraggio.
Bisogna infine, in ore così gravi, trovare stati d’animo sufficienti per il dialogo.
Con stima immutata

Oreste Grani”

Seguiva nel giro di pochi minuti la risposta:

“Da Pierluigi Piccini
A Oreste Grani
Date: 20 ottobre 2010 13:51

Mi ha fatto piacere leggerti e spero anche di poterti incontrare presto.

Pierluigi Piccini”

Da Oreste Grani
A Pierluigi Piccini
Date: 20 ottobre 2010 19:11

Fidavo nella tua onestà intelletuale. Grazie per le parole. Nei prossimi giorni ti farò pervenire le mie disponibilità. Un incontro romano sarebbe ottimale.
Oreste”.

Parole che onoravano chi le ha scritte e chi le ha ricevute. Poi, le vicende umane hanno portato disonore solo a Ipazia Preveggenza Tecnologica, a Ipazia Promos, ai suoi fedeli collaboratori e al sottoscritto.
Se avrai la doverosa pazienza di continuare a leggermi, saprai chi ha tradito chi.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 11/7/2012, 15:05




Caro Anonimo, da molti anni ciclicamente mi cimento in un esercizio di autostima (trovare le vanghe dalla punta d’oro) utilizzando, per scegliere collaboratori all’altezza delle complessità di cui mi interesso, il giornale di annunci gratuiti “Porta Portese”.
Recluto i candidati con una griglia larga e poi li seleziono, nel tempo, secondo alcuni criteri mutuati dalle teorie psicologiche di Howard Gardner che identificano le dimensioni dell’intelligenza individuale: linguistica (ampiezza e profondità di vocabolario, flessibilità nel trasferire concetti da un registro linguistico ad un altro), spaziale (attenzione percettiva, memoria visiva, orientamento), musicale (padronanza del significato psicologico nelle differenze di tono, volume, armonie e disarmonie vocali), cinestesica (coordinamento dei movimenti, relazioni dinamiche), personale (profondità di riflessione, auto-consapevolezza e consapevolezza del mondo interiore dell’altro), naturale (logico-intuitiva, capacità di analisi e di sintesi, comprensione dei dettagli e dell’insieme e della relazione tra le parti e il tutto), esistenziale (capacità di astrazione, di visioni globali, sistemiche e universali).
Sono tutte dimensioni che devono appartenere anche all’intelligenza dello Stato, appunto, all’intelligence. Il modo di intendere le strutture di intelligenza/sicurezza pubblica, i “servizi segreti”, l’Intelligence, per rispondere alle finalità per cui esistono e operano, non possono non evolvere adeguandosi al nuovo modo di intendere l’intelligenza in senso stretto e il mondo in generale.
Proprio alla Fiera di Porta Portese ho “pescato” il più prezioso e più intelligente dei miei collaboratori che era in cerca di lavoro nonostante una brillantissima laurea in filosofia e vari master di ottima qualità: la dott.ssa E.B.
Con questa preziosa collaboratrice abbiamo messo a punto, sin dal 1° dicembre 2005, il documento “Ubiquità – Ovvero la dimensione necessaria di una Intelligence culturale”.
In particolare, in quel documento, evidenziavamo la mancanza di un dibattito sufficientemente articolato intorno ai nuovi concetti di intelligenza e sicurezza. Tale carenza ha provocato una condizione di pericolo per il nostro Paese nella crisi internazionale e mondiale che è seguita alla fine della guerra fredda, con la rottura degli equilibri politici ed economici e i mescolamenti culturali, caotici e imprevedibili, che sono seguiti ai grandi esodi e alle nuove scoperte tecnologiche, soprattutto nella comunicazione.
Tra le definizioni più diffuse di Intelligence vi è quella di “attività di reperimento, raccolta e collegamento di informazioni utili a prendere decisioni per la sicurezza del Paese”. Le informazioni e il controllo delle informazioni rappresentano, quindi, l’area critica della sicurezza. L’azione di Intelligence si svolge, dunque, secondo tre linee principali: l’acquisizione di informazioni dall’esterno, la difesa delle informazioni critiche per la propria sicurezza nei confronti dell’esterno, il controllo delle informazioni al proprio interno. La questione che si pone è: quali sono le informazioni che occorre acquisire, difendere e controllare? Chi lo decide? In che modo opera?
La risposta alla prima domanda rappresenta l’elemento di criticità intorno al quale ruota tutta la riflessione sull’adeguamento delle strutture di Intelligence. Intorno agli anni ’80, prima negli Stati Uniti e poi anche in alcuni paesi europei, è andata affermandosi una nuova concezione dei servizi di informazione, in chiave economica e non più militare, come era stata fino alla guerra fredda. Tale riformulazione del concetto di sicurezza nazionale trova come data decisiva il trattato firmato da Ronald Reagan e Michael Gorbaciov l’8 dicembre 1987 per la riduzione pianificata degli armamenti nucleari.
Contemporaneamente, la forte concorrenza commerciale dei paesi asiatici ha evidenziato l’importanza del fattore economico nella vita di una nazione e nelle relazioni con gli altri paesi; importanza, peraltro, già analizzata da Karl Marx nell’ambito di una visione più ristretta, che riguardava i rapporti di classe e di potere.
Il crollo dell’Unione Sovietica e la fine della corsa agli armamenti ha prodotto il diffondersi di una idea di Intelligence “economica”, che considera, cioè, la competizione tra gli Stati di natura prevalentemente economica e non militare. Gli Stati sono considerati non più “nemici” ma, innanzitutto, “concorrenti”. L’Intelligence economica strategica si interessa dell’economia (cioè, della produzione, dello scambio di beni e prodotti, informazioni e strumenti tecnici, flussi di capitali e compra-vendita di imprese) quale fonte di informazione strategica per la sicurezza dello Stato a partire dalla protezione della stabilità e dell’autonomia dell’economia nazionale. L’insieme delle attività di ricerca, trattamento e distribuzione delle informazioni riguarda tre soggetti economici: imprese private, enti pubblici, i governi.
La rivoluzione tecnologica e i processi di globalizzazione, culturale e non soltanto economica, che hanno caratterizzato l’ingresso nel terzo millennio, impongono un nuovo ripensamento dell’Intelligence come funzione e struttura, profilando una nuova e più complessa risposta alla domanda, già posta: quali sono le informazioni che occorre acquisire, difendere e controllare?
Ogni persona, gruppo, associazione, istituto, ente, organismo, organizzazione, comunità, è una fonte e, al tempo stesso, un archivio di informazioni, e fa intelligence ogni giorno, poiché reperisce, raccoglie, organizza, conserva, emette informazioni utili a prendere decisioni, dalle più banali di vita quotidiana alle più complesse e determinati per la vita dello Stato e, perfino, dell’umanità intera. Non esistono, quindi, informazioni neutre, insignificanti e ininfluenti. Dunque, il compito dell’Intelligence dei nostri tempi non può limitarsi a proteggere le proprie informazioni segrete e violare quelle dei paesi concorrenti a scopo difensivo. È un problema di cambiamento dei paradigmi culturali. Va ripensato il rapporto e il confine tra informazioni segrete (che non si vogliono divulgare) e informazioni aperte (disponibili e accessibili a chiunque). Spesso, infatti, le fonti aperte rivelano segreti a basso costo e contengono informazioni preziose per comprendere situazioni, relazioni e dinamiche e, così, anticipare gli eventi.
L’Intelligence culturale è basata su una nuova concezione dell’intelligenza, della conoscenza e della comunicazione. La gestione delle conoscenze e il controllo delle comunicazioni sono l’area strategica della competizione intelligente. Pierre Levi definisce “intelligenza collettiva”, o “comunitaria” la capacità di acquisire, monitorare, interpretare, archiviare informazioni di diversa natura e da diversa fonte (protetta o aperta, diretta o indiretta), con metodologia trasversale, transdisciplinare e transculturale, per comporre una mappatura della realtà altamente complessa ed esponenzialmente significativa, in un sistema di informazioni a spirale, cioè, in costante riorganizzazione, negoziabile con il contesto, produttivo (che produce sempre nuovi schemi cognitivi sulla base dell’esperienza) e non riproduttivo.
Per l’Intelligence culturale, il mondo è una rete di infinite connessioni, comprensibile e interpretabile, e dunque conoscibile, soltanto in una logica non-lineare, caotica, entropica (ove, cioè, basta un minimo dettaglio, una piccola banale informazione, a modificare l’intero sistema sotto osservazione o indagine e, quindi, le previsioni di sviluppo). Si tratta di applicare le più recenti teorie epistemologiche all’investigazione, attualizzando i concetti e i rapporti di causa-effetto, contiguità e appartenenza, coadiuvando la logica classica con la logica fuzzy, propria dei computers.

A E.B., almeno, offro la protezione di un anonimato e il ricordo grato di tutte le volte che è riuscita a mettere a fuoco le mie faticose intuizioni.
Le devo molto e sono profondamente dispiaciuto che l’attacco proditorio da te ordito il 14.2.2012 l’abbia messa in ulteriore difficoltà. Dico ulteriore, perché in precarietà lo era già a causa delle incertezze retributive in cui la facevo vivere. Lei sì che è nell’elenco dei danneggiati dai miei limiti. Ma io sono ancora vivo, caro “silente aggressore” e a E.B., come agli altri intelligenti e leali collaboratori penso ogni minuto della mia residua vita. Lei, come gli altri, deve avere speranza che ciò per cui da anni ci sacrifichiamo, alla fine, sia pure esausti, vedrà la luce.

Di questi argomenti, il sottoscritto truffaldino, con tutti i truffati collaboratori (o truffatori complici?) si è interessato da quando, come ho anticipato, la morte del giovane Paolo Rossi nel 1966 e la disinformazione che le centrali partitiche attuarono, mi convinse che non ci sarebbe mai stata una democrazia compiuta se non ci fosse stata una nuova cultura dei e nei “servizi segreti” a proteggere la vita dei cittadini e il loro diritto alla sicurezza nella verità.
Tutto qui, caro il mio infangatore silenzioso. Dimostrerò, se fosse necessario, in modo documentale perché ho dovuto procurarmi denaro (a modo mio), per portare a termine questi studi e queste azioni.
Tu pensi invece che avrei dovuto, come tanti altri, attaccare l’asino dove il padrone voleva? No, ho preferito vivere da uomo libero e ho agito secondo coscienza. La mia.

Oreste Grani

PS Apprendo con sommo piacere che Luca Luciani, amministratore delegato di TIM Brasile ha lasciato il gruppo Telecom, perché coinvolto in una vicenda che per semplicità definiremo: “SIM fantasma”.
Proprio qualche giorno fa, il 27/6, ricordavamo che quelli come “Luciani (quello che per ore, davanti ad attoniti dipendenti Telecom, sostenne il valore metaforico della vittoria di Napoleone Bonaparte a Waterloo)” avevano “azzerato, con l’uso “privato” delle sponsorizzazioni e delle conventions” e con la loro crassa ignoranza, “la tradizione culturale della SIP, Stet, Stet International, Finsiel, Italcable guidate per anni, da uomini sensibili all’arte e alla bella musica.”
 
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Oreste Grani
view post Posted on 12/7/2012, 13:09




Per sapere dove andare bisogna sapere dove si è.
E l’Italia è in Europa, ed è nel Mediterraneo.
Con Marco Polo ha percorso la Via della Seta e poi, con Cristoforo Colombo, ha scoperto le Americhe.
Rotte di ieri, di oggi, di domani.
Le abilità, il coraggio, la genialità dei nostri studiosi, viaggiatori, artisti, imprenditori o semplici lavoratori emigranti non solo ci hanno assistito nei secoli ma sono pronte a sostenerci nella drammatica fase che è appena iniziata.
Queste “armi cromosomiche” della nostra gente hanno bisogno e diritto a un trattamento politico responsabile e lungimirante.
La lotta agli sprechi è arrivata tardissimo. Ma è arrivata.
Dobbiamo vigilare e l’architettura del pensiero ipaziano nasceva, tra l’altro, perché non si confondessero gli sprechi con i valori strategici da proteggere.
Valori strategici che si sostanziano nelle vite di tutti noi, nel nostro immenso patrimonio culturale e nella somma rappresentata dalle professionalità e dai fatturati che la Rete delle Reti che ENI, ENEL, Finmeccanica, Poste Italiane, ANIA, Ferrovie dello Stato, Autostrade per l’Italia, porti, areoporti, linee aeree, linee di navigazione, telecomunicazioni, strutture fieristiche in rapporto fra di loro generano.
Valori strategici che vanno protetti dagli appetiti bulimici di un gruppo di approfittatori reclutati esclusivamente per sudditanza ai bisogni di cassa dei partiti ed escludendo qualunque capacità professionale necessaria alla gestione delle complessità implicite nella Rete delle Reti.
La leggerezza, l’essenzialità, la cura dimagrante in corso devono, dopo la stagione dell’obesità, dell’arroganza e dell’incultura, fare dello Stato un organismo asciutto, senza un filo di grasso ma forte ed essenziale come sono gli atleti in forma.
Gli sciacalli, gli avvoltoi, i professionisti della cannibalizzazione e del tradimento degli interessi nazionali sono pronti a strappare i fasci muscolari ad un Paese ancora vivo.
È ora di vigilare sulle incursioni dei nemici della nostra gente e agire per dotarsi di uno Stato Intelligente e battere così, nell’ora delle doverose privatizzazioni e dei tagli, gli interessi della speculazione.
È ora di tutelare gli assets della Rete delle Reti e i flussi del denaro legittimo europeo e dei residui stanziamenti dello Stato.
Il convegno “LO STATO INTELLIGENTE I finanziamenti europei per l’innovazione e per la sicurezza” tenutosi il 23/3/2012 voleva essere (e lo è stato) un primo momento di riflessione con funzione ulteriore di promozione di un processo organizzativo per accompagnare un numero significativo e selezionato di imprenditori a non disperdersi e a non disperarsi nella tempesta vicina.
Il comunicato stampa che la dott.ssa E. B. aveva stilato così recitava:
“Lo Stato intelligente. I finanziamenti europei per la sicurezza e l’innovazione” (23 marzo 2012, Sala delle Colonne – Camera dei Deputati, a partire dalle ore 9.30) è il primo di tre convegni dedicati ad Alan Mathison Turing (23 giugno 2012 – 7 giugno 1954), eroe della Seconda Guerra Mondiale e dell’intelligenza meccanica. Interverranno, nell’ordine: ACHILE PEREGO Giornalista “QN”; ANTONIO POLIMENE Responsabile Formazione GRUPPO IPAZIA; LUCIANO FLORIDI Membro del Turing Centenary Advisory Committee, Titolare della Cattedra UNESCO in Information and Computer Ethics all’Università di Herthfordshire; ALESANDRO ZANASI Security Research Advisor presso la Commissione Europea. Membro ESRAB e ESRIF; RAV SCIALOM BAHBOUT Rabbino Capo di Napoli e dell’Italia Meridionale; LIVIU MURESAN Presidente Esecutivo della Fondazione Eurisc European Institute for Risk, Security and Communication Management; LAURA CASERTA Analista e Revisore Richieste di Finanziamento presso la Commissione Europea; EMANUELA BAMBARA Responsabile Coordinamento Strategie Direzionali GRUPPO IPAZIA

La data non è stata scelta a caso: il 24 marzo 1944, in una rappresaglia dell’esercito tedesco a seguito dell’attentato di via Rasella, il giorno prima, 23 marzo, a Roma, 335 italiani, tra civili e militari, di cui 75 ebrei, furono uccisi alle Fosse Ardeatine. Tra gli eroi della Patria, il Tenente Colonnello dei Carabinieri Reali Manfredi Talamo, Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria. L’ufficiale tedesco delle SS Herbert Kappler aggiunse il suo nome nella lista per le esecuzioni per vendicarsi di un’azione di Intelligence che Talamo aveva concluso due anni prima, scoprendo che l’addetto culturale tedesco Kurt Sauerer era una spia..

Il tema della sicurezza, da sempre strategico nell’organizzazione della vita civile e dello Stato, assume oggi una rilevanza speciale, per la condizione di crisi e di rottura degli equilibri tradizionali in ogni ambito dell’esistenza sociale. L’integrità e la stessa autonomia degli Stati, dei Governi e delle Istituzioni, sono minacciate costantemente da fenomeni di dimensione internazionale, quali il crimine organizzato, la proliferazione di armi convenzionali e non convenzionali, la delinquenza finanziaria e la corruzione, fenomeni tutti che chiamano in causa il modo di concepire e difendere la sicurezza nazionale e il ruolo dell’Intelligence.
Le sfide che il nuovo scenario mondiale presenta possono essere affrontate con l’aiuto delle tecnologie dell’informazione e nuove forme di collaborazione tra Stati e, all’interno dello Stato, tra pubblico e privato. Consapevoli di questa urgenza, Governi e Istituzioni Occidentali hanno avviato alcune azioni tese a rafforzare l’uso dell’Intelligence contro le nuove minacce. L’Europa ha istituito l’European Security Research Advisory Board (ESRAB), nel 2005, per individuare linee operative strategiche per la sicurezza nel continente, e l’European Security Research and Innovation Forum (ESRIF), nel 2007, quale partnership tra enti pubblici e privati, per offrire un luogo di confronto istituzionale sulla sicurezza tra gli Stati membri, con lo stanziamento di alcuni miliardi di euro per i cittadini dell’UE, le aziende e le istituzioni, attraverso linee dedicate di finanziamento.
Un Paese competitivo, anche in tema di sicurezza, capace di superare le crisi ed evitare i conflitti, deve formare professionalità adeguate alla complessità del mondo attuale, secondo una nuova concezione della sicurezza e dell’Intelligence, in chiave umanista e culturale, con il supporto delle più avanzate tecnologie.”


Per questo, tra l’altro, avevo accettato il consiglio del rabbino Scialom Bahbout (che stimo da anni e a cui sono legato per motivi esclusivamente culturali) di avvalermi della professionalità della dott.ssa Laura Caserta, dirigente CONSIP, analista e revisore richieste di finanziamento presso la Commissione Europea.
A sua volta la dott.ssa Laura Caserta, cogliendo la qualità dei ragionamenti che si facevano da anni in Ipazia Preveggenza Tecnologica sui dettami costituzionali, sul denaro legittimo e sull’ora grave per l’economia della Repubblica, mi introduceva a valenti professionisti della cultura della sicurezza quali Liviu Muresan, presidente esecutivo della Fondazione EURISC e Alessandro Zanasi, security research advisor presso la Commissione Europea e membro ESRAB e ESRIF. Questi contatti Laura Caserta, come mi disse, li aveva decisi ritenendomi un cittadino italiano disinteressato se non, addirittura, un eccessivo e un po’ datato patriota.
A questo tipo di relazioni e “coltivazioni” mi stavo dedicando quando hai deciso di colpirmi.
Lurida, silente quinta colonna per colpa tua altri stanno ora gestendo le relazioni e gli equilibri che io avevo costruito per il solo fine di servire il Paese e gli interessi degli Italiani.
Se altri faranno cattivo uso dell’opera dell’ingegno di Ipazia Preveggenza Tecnologica e degli ipaziani risponderai anche di questo.
E se questo fosse il movente del tuo agire?
E se la data del 14/2/2012, giorno del tuo attacco, non fosse stata casuale?
E se tu fossi un agente provocatore al soldo di uno dei tanti malandrini nemici della Repubblica che ero, nel tempo, riuscito a neutralizzare?
E se tu fossi un burattino in mano ad un burattinaio che riteneva cosa facile far credere che io fossi, tra l’altro, “un sodomita, un adoratore di Lucifero e di Baphomet, diavoletto bestiale, cornuto, alato ed ermafrodita”?
Mi dispiace per te ma, come forse hai capito, da quando l’effetto domino che hai innescato mi ha messo per strada e con le spalle al muro, mi hai ridato energie e speranza, senza volere.
Ti stanerò, risponderai del tuo silenzio ed io riprenderò, con chi dei miei collaboratori lo vorrà, il ragionamento sulla necessaria Strategia di Sicurezza Nazionale.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 18/7/2012, 08:56




Non sempre le agenzie di rating (pur infarcite come sono di personale formatosi nelle centrali di spionaggio e di disinformazione internazionale) si sbagliano.
Il 21/2/2011 scrivevo ad alcuni soci di Ipazia PT e ad un folto gruppo di dipendenti e collaboratori una nota dal titolo “L’onda che cresce: i bond in scadenza” che di seguito potete (infangatori e onesti lettori) leggere.


Nel dicembre 2009, su un giornale australiano apparve un articolo a proposito di una preoccupante congestione di scadenze finanziarie che si profila per il 2012.
La notizia venne ripresa dal New York Times e, in Italia, dalla Repubblica (2.3.10) in una corrispondenza di Federico Rampini:
a lanciare l'allarme è l'agenzia di rating Moody's. Un suo esperto del mercato obblìgazionario, Kevin Cassidy, ha avvertito di recente che «una valanga di titoli viene a scadenza nel 2012, e ci travolgerà se le aziende non si premuniscono in anticipo».

Perché il 2012 è l'anno di una convergenza micidiale: verranno a scadenza simultaneamente titoli di Stato, obbligazioni di aziende solide, e junk-bond, per un volume complessivoche sarà quasi otto volte superiore a quello che i mercati assorbono quest'anno. Solo il Tesoro USA nel 2012 dovrà emettere titoli di Stato per quasi 2.000 miliardi, per finanziare il fabbisogno corrente e ri-finanziare debito venuto a scadenza.

A questo verrà ad aggiungersi la valanga delle obbligazioni private in scadenza. Una quantità senza precedenti, tutta concentrata a partire dal 2012.
Per capire il salto di dimensione: nel corso del 2010 in America sono venuti a scadere junk-bond per un valore di 21 miliardi di dollari. Nel 2012 invece gli junk-bond in scadenza balzeranno di colpo a quota 155 miliardi. E da quell'anno in poi sarà peggio: 212 miliardi nel 2013, infine 338 miliardi nel 2014.

La ragione di questa congestione va rintracciata proprio nell'ultima crisi finanziaria. Infatti, sino alla metà del 2007 l'ipotesi di una crisi non era neppure presa in considerazione, per cui la liquidità scorreva abbondante, e in quel periodo venne emessa una grande quantità di obbligazioni ad alto rendimento, che spesso hanno scadenza a cinque e sette anni: appunto dal 2012 al 2014.
Gli junk-bond (letteralmente, «obbligazioni spazzatura») sono titoli fortemente speculativi perché offrono elevati interessi con un rating basso o molto basso o, addirittura, non presentando alcun profilo di rating. Dunque si tratta di debitori molto rischiosi.

Ma non basta, perché molte obbligazioni che venivano a scadenza nel 2009 e 2010, sono state invece « ristrutturate» con un prolungamento di due o tre anni, e quindi si andranno a sommare alle altre.
E, siccome piove sempre sul bagnato, a partire dal 2011 e sino al 2014 verranno a scadenza anche molti titoli con i quali le banche centrali (Fed in testa) hanno sostenuto gli esborsi fra il 2008 e il 2009 per calmare la tempesta. Si tenga presente che gli emittenti hanno dovuto maggiorare le proprie spese anche per pagare il servizio al debito.

Tanto per tirarvi su il morale, Rampini fa alcuni esempi di società attese al varco del 2012 -2014:
solo per l'acquisto del gruppo ospedaliero HCA, nel 2006 le società di private equity Baio Capitai e Kohlberg Kravis & Roberts (KKR) spesero 33 miliardi di dollari: di questi 13,3 miliardi furono reperiti con maxi-emissioni di junk-bond che verranno tutte a scadenza tra il 2012 e il 2014.

Un'altra acquisizione da parte di KKR fu quella della società energetica texana Txu: in questo caso i junk-bond da rifinanziare a partire dal 2012 sono addirittura 20,9 miliardi. Un'altra celebre acquisizione compiuta negli ultimi bagliori di opulenza fu quella del colosso immobiliare Realogy, finito sotto il controllo della società di private equity Apollo nella primavera 2007 cioè alla vigilia del tracollo del mercato della casa.
Come sempre accade nel private equity, l'effetto-leva dell'indebitamento è poderoso e si scarica sulla stessa società acquisita: la Realogy oggi deve rimborsare almeno 8 dollari di debiti per ogni dollaro di ricavi.
Avete letto bene: 8 dollari di debiti per ogni dollaro di ricavi.

Tutto questo prima del Grande Cambiamento in corso nel Mondo Arabo e mentre in Italia l'espressione più confortante è: il Paese arranca.

Altro che Sanremo e bunga-bunga.
Buon lavoro
Oreste Grani




Il 13/2/2011 (esattamente un anno prima della tua aggressione) mi ero premurato di segnalare altri elementi di riflessione sulla complessità dei tempi in arrivo.

Il 7 settembre 2006, il prof. Nouriel Roubini, intervenendo a un dibattito organizzato dal Fondo Monetario Internazionale, sostenne che il mercato immobiliare americano si trovava alla vigilia di un crollo senza precedenti e che questo avrebbe presto innescato una fase di grave recessione mondiale.
Appena il professore ebbe terminato il discorso, prese la parola l'economista Anirvan Banerji, il quale osservò come la previsione di Roubini non si basasse su alcun modello matematico e dunque non la si potesse prendere sul serio.

Gli astanti si divisero tra quanti ritenevano che Roubini fosse matto da legare e quanti ipotizzavano che fosse un menagramo.
Oggi viene reso a Roubini il giusto merito per le sue intuizioni elaborate senza l'ausilio di formule matematiche ma basate su elementi "culturali".
Noi di Ipazia PT, alcuni giorni prima di quel 7 settembre 2006 (per l'esattezza erano i primi di agosto) consigliavamo agli amici che avevano un bene immobiliare da vendere di farlo subito perchè eravamo certi che per molti anni non avrebbero più strappato un prezzo così alto sul mercato delle case.

Perchè questa memoria autocelebrativa?
Perchè ci prepariamo a delineare per voi uno scenario relativo ai prossimi anni, che ameremmo non fosse sottovalutato.
……. raccoglierà le vostre disponibilità per un incontro plenario in cui, per alcune ore, discuteremo della grave situazione nazionale e internazionale che si delinea.
In particolare parleremo della congiuntura eccezionale del 2012 (... e i Maya non c'entrano nulla) 2013, 2014 anni in cui almeno 5 elementi determineranno uno scenario raramente visto (se non mai) al mondo:
1) Coincidenza del rinnovo dei gruppi dirigenti di quattro tra le maggiori potenze mondiali ( USA, Cina, Francia, Russia).
Questo cambio e gli annessi periodi di vacatio seguono i grandi rivolgimenti ancora in corso nel mondo arabo.

2) La coincidenza con una congestione di scadenze finanziarie per oltre 20.000 miliardi di dollari.

3) Il fatto che le elezioni americane si svolgeranno proprio alla fine del 2012 e, dunque, la prima ondata di titoli da rifinanziare coinciderà con il momento di massima debolezza della presidenza americana.

4) Elezione del governatore della BCE (Mario Draghi?).

5) La tenuta della coalizione della signora Merkel.

Della fase "bunga-bunga" dell'italietta ritengo di non dovervi dire niente. Anche perchè per molti anni vi ho descritto con estrema puntualità ciò che sarebbe accaduto.
Vi segnalo solo, per vostro conforto, che come vi avevo più volte promesso siamo sbarcati a Siena e abbiamo cominciato ad operare perchè a maggio del 2011 il Piave mormori da quella città e da quelle terre per una possibile rinascita del nostro amato Paese.
Anche di questo nostro certo agire avremo modo di darvi ampie delucidazioni durante l'incontro previsto. Soprattutto a quelli di voi titolari di conti correnti del Monte dei Paschi di Siena o altri istituti di credito partecipati.

con stima immutata
Oreste Grani



Riprendiamo il racconto.
Grazie alla “misura attiva” che il 14/2/2012 il silente fabbricatore di fango ha saputo lanciare, i miei lettori di quelle ore sono aumentati e si estendono ai frequentatori di questo sito.
Per loro, come ho promesso in esordio, scrivo di queste cose.
In gergo d’ambiente la diffamazione si chiama “misura attiva”. Le misure attive (alcune con impiego di documenti falsi) si attuano, ad opera di sezioni specializzate dei Servizi Segreti o Agenzie che si vogliano chiamare, contro avversari che si ritengono strategici o particolarmente pericolosi. Le misure attive si attuano contro persone, organizzazioni o Stati nemici.
Così, evidentemente, venivano considerati il sottoscritto e il gruppo umano e professionale di Ipazia PT il 14/2/2012.
Siamo stati quindi considerati nemici da qualcuno che non condivideva i nostri valori di riferimento e le nostre basi culturali. Repubblicane, democratiche, fraterne.
Torniamo alle misure attive e alla loro funzione.
Per esemplificare cosa sia una misura attiva vi ricorderò uno dei personaggi che più è stato colpito da “misure attive”: Andrej Dmitrievic Sakharov.
Per discreditare il grande scienziato (in quel momento storico elemento di riferimento in URSS del dissenso politico della maggioranza dei cittadini) il KGB cercò in tutti i modi di demoralizzarlo (oltre che tenendolo sedato in manicomio) macchiando la reputazione di sua moglie Yelena Bonner.
I sovietici, attraverso la Residentura del KGB a Roma, attivarono tale Carlo Longo (anno 1930) un “lurido lanciatore di fango”, giornalista, direttore di Settegiorni, un giornale di “sinistra” di Catania perché mettesse in atto una “misura attiva” fabbricata ad opera del Quinto Direttorato del KGB contro “Lisa” (la moglie di Sakharov).
Il 12 aprile del 1980 fu pubblicato su Settegiorni un articolo intitolato “Che tipo di persona è Yelena Bonner? La moglie dell’accademico Sakharov è responsabile di molti omicidi.” L’articolo sulla Bonner fu preceduto da una introduzione riguardante una storia secondo cui, il direttore del giornale era stato in vacanza a Parigi e, per caso, aveva incontrato un ex cittadino sovietico, un certo Semen Zlotnik, che gli aveva fornito delle informazioni interessanti e fino ad allora sconosciute.
Il signor Semen Zlotnik, in attesa di un visto per gli Stati Uniti, gli avrebbe raccontato una storia, sottoforma di testimonianza scritta dello zio di Semen prima che morisse riguardante la sua ex amante, diventata poi la moglie dell’accademico Sakharov.
Tale testimonianza riportava, nei dettagli, la vita dello zio di Semen che dichiarava di aver vissuto con una donna puttana, avida e crudele.
Sul giornale Settegiorni, nel numero successivo allo scoop, vennero pubblicati i commenti negativi dei “lettori”. La Residentura del KGB a Roma inviò alla Centrale a Mosca 50 copie del numero del giornale del 12 aprile, nonché 10 copie del numero con gli “spontanei” commenti dei lettori.
Anche i commenti, come avete capito, erano stati preparati dalla Residentura romana.
Ho usato l’esempio della disinformazione che colpì Sakharov e sua moglie perché più avanti e utilizzando un altro flashback vi racconterò come ho operato perché Sakharov fosse liberato richiamando l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.
Fu un’intuizione ed un esempio di Intelligence Culturale. Di quell’Intelligence Culturale che anni dopo ho messo a fuoco nel testo “Ubiquità”.
Quella intuizione mi consentì di conoscere una straordinaria e sensibile intellettuale, da alcuni anni scomparsa, quale fu la radicale Maria Teresa Di Lascia.

Oreste Grani

P.S.: Messaggio criptico ma non troppo.
Il Trio Lescano cincischia, fa melina, cerca rogna.
L’importante che grattandosi, giri a largo della Campania e delle sue città. La traccia olfattiva dei soldi, vero movente dei loro pruriti, è indelebile. Più dei bonifici bancari. Troverò le tracce ovunque a prescindere dall’ottimo lavoro che farà il sito Opencoesione e senza l’aiuto delle squadre di investigatori professionisti che mai, come in queste ore difficili per le casse della Repubblica, vigileranno sulla correttezza delle procedure e sul trasparente utilizzo dei fondi. In particolare quelli destinati alle aziende informatiche.
L’informatica infatti, come ci insegna Alan Mathison Turing, deve essere amica dell’uomo e deve servire la promozione della legalità.
 
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Oreste Grani
view post Posted on 20/7/2012, 09:42




“Messaggio criptico ma non troppo”…. Ho usato questa espressione il 12/7/12 in tono semiserio per sfottere tre sprovveduti nemici di Ipazia autopropostisi al mondo della complessità e dell’Intelligence.

In realtà vale la pena, tra noi, di introdurre il discorso sulla crittografia intanto per un omaggio ad Alan Mathison Turing, e poi, perché come poi si vedrà essa è tutt’uno con l’Intelligence Culturale e con le fonti aperte. Soprattutto di origine informatica.
Crittografia deriva da due parole di greco antico che significano “scrittura segreta”. La crittografia ha una storia lunga e avventurosa che risale a migliaia di anni fa. Nella crittografia i professionisti distinguono i termini cifrario e codice. Con cifrario si intende una trasformazione carattere per carattere (o bit per bit) senza considerare la struttura linguistica del messaggio. Al contrario, un codice rimpiazza ogni parola con un’altra parola o simbolo. I codici ovviamente non vengono più utilizzati anche se hanno alle spalle una storia gloriosa e hanno avuto massima efficacia quando erano usati.

Il codice di maggior successo, nell’era moderna, fu usato dalle Forze Armate Americane nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale: si impiegarono indiani Navajo che comunicarono tra loro con le parole navajo che definivano i termini militari. Per esempio, chay-da-gahi-nail-tsaidi (letteralmente: ammazza tartarughe) indicava le armi anticarro (le tartarughe corazzate erano i carri armati). La lingua navajo è molto tonale, estremamente complessa (parolaccia!) e non ha una forma scritta. Inoltre nessuno in Giappone ne conosceva l’esistenza.

Nel settembre del 1945, ad operazioni belliche concluse, il San Diego Union descrisse il codice dicendo: “Per tre anni, ovunque sbarcavano i marines, i Giapponesi ascoltavano una serie di strani suoni gutturali inframezzati con altri suoni che assomigliavano a un misto fra la voce di un monaco tibetano e il suono del boiler dell’acqua calda che si svuota”.

I Giapponesi non riuscirono mai a interpretare il codice, e molti codificatori navajo ricevettero gli alti onori militari per il servizio straordinario e il loro coraggio. Il fatto che gli Stati Uniti decrittarono i cifrari giapponesi, mentre il Giappone non decrittò mai il codice dei Navajo, ebbe un ruolo cruciale nella vittoria americana sul fronte del Pacifico. Intelligence culturale contro arroganza e violenza cieca. Anche in quella parte del mondo, come in Europa contro i nazisti, la cultura sconfisse il fanatismo.

Non è per tutti decrittare il codice in uso nel mondo di Ipazia Preveggenza Tecnologica. Chi ci ha provato, con volontà malevole, ci ha rimesso le penne.

Oreste Grani
 
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Oreste Grani
view post Posted on 20/7/2012, 12:23




“Ricorda di ciò che Amalek ti ha fatto per strada, quando siete usciti dall’Egitto. Come ti ha “raffreddato” per strada, e colpito le tue retroguardie, tutti coloro che erano deboli e stavano indietro. E tu eri stanco e affaticato, ed egli non temeva Dio. E sarà che, quando il Signore Dio ti avrà dato riposo da tutti i tuoi nemici, nella terra che il Signore Dio ti dà come un’eredità da possedere, cancellerai la memoria di Amalek da sotto il cielo, non dimenticare!”

Queste espressioni sono tratte dal Sacro Testo del Deuteromonio e aiutano a non dimenticare e a prepararsi a ciò che implicito nel ricordo.
Caro Amalek l’infangatore (da oggi ti chiamerò così) il 14/2/2012 non hai solo colpito il progetto Ipazia nelle sue articolazioni tecnico-giuridiche (le aziende e le associazioni culturali) ma, così agendo, hai danneggiato le legittime aspettative dei suoi dipendenti, collaboratori (già tanto provati) e onesti creditori.

La tua anonima diffamazione ha provocato una valanga sotto la quale, tra l’altro, è rimasto moribondo il mio legame con il mondo ebraico ed in particolare con il Rav. Scialom Bahbout da molti (anche da me), affettuosamente, chiamato Mino.
Come si può riscontrare da quanto ho già pubblicato, il 23 marzo 2012 nel convegno “Lo stato Intelligente” prese la parola anche Mino Bahbout. Quel giorno, l’intervento che Bahbout ha voluto fare pubblicamente, ha suggellato una condivisione di valori etici, morali, di cui sono fiero, frutto di una lunga frequentazione e di comportamenti reciproci irreprensibili.

Al Rabbino mi ha unito, in questi anni, la valutazione che la cultura della memoria e dell’informazione puntuale e documentata sono le armi strategiche per sconfiggere lo stereotipo e i luoghi comuni nemici della verità, della pace e del popolo ebraico.
Ci ha unito il giudizio sul valore della figura di Ipazia di Alessandria vittima, a sua volta, nel 415, dell’intolleranza e della violenza del vescovo Cirillo e dei cristiani suoi seguaci. Ipazia, come ormai tutti sanno, era pagana ma operava perché in Alessandria e in tutto il Mediterraneo prevalesse il rispetto reciproco e la convivenza civile.

Mi ha unito al Rabbino solo l’amore per la cultura, per le scienze, per i libri e per il diritto di Israele di esistere.

Altro che i tuoi, perfido Amalek, insinuanti pensieri di opportunismi, di calcolo, di strumentalizzazioni o di raggiri a non si sa chi. Pagherai, con moneta pesante, anche questo fango. Tu che sei fango sterile e senza speranza di divenire mai un utile Golem.

Con Mino Bahbout abbiamo distribuito centinaia di libri (da me acquistati con i proventi delle mie attività truffaldine!) dando vita al primo bookcrossing in Italia tutto dedicato a testi di autori ebrei e in particolare donne.
Il 15 gennaio del 2006 il bookcrossing promosso in accordo con la trasmissione di RadioRai Fahrenaheit 451 fece confluire nella rete mondiale del “passa libro” centinaia di libri che portarono, da lettore a lettore, messaggi di idee. Fu fatto per non dimenticare il lugubre rito dei roghi dei libri in cui il 10 maggio del 1933 le squadre naziste guidate da Goebbels bruciarono un milione di libri dando inizio al tentativo di un annientamento metodico di ogni valore spirituale prima dell’annientamento di milioni di esseri umani.

Il bookcrossing fu fatto per non dimenticare che nel “dodicennio nero” del Terzo Reich furono proscritti più di 12.000 libri e l’intera opera letteraria di oltre 500 autori.
Ciò che ho fatto (usando tra l’altro denaro che mi ero “procurato”) è stato fatto per combattere contro l’allucinante prospettiva di un “ritorno al futuro” in cui i libri fossero dati nuovamente alle fiamme. Ho sempre agito, a modo mio, perché la necessità di trasmettere la memoria dei libri, i loro contenuti e il loro valore non fosse alternativa tra suicidio o salvezza dell’Umanità.

Quello che io posso aver fatto “amministrativamente” val bene aver editato (leggi bene, cretino) decine di migliaia di libri. L’azione strategica imprenditoriale del gruppo Ipazia nasce, tra l’altro, per amore della cultura e perché la cultura, invece di pietire gli spiccioli delle sponsorizzazioni, si facesse impresa.
Si, caro Amalek l’infangatore, ho fabbricato soldi per elaborare con “Ubiquità. Ovvero la dimensione necessaria di un’Intelligence Culturale” le basi culturali della Strategia di Sicurezza Nazionale.

Il pensiero ipaziano assume forma giuridica ricordando i roghi di cui abbiamo detto ma soprattutto in nome della Biblioteca di Alessandria d’Egitto che era arrivata a raccogliere 500.000 volumi e che fu distrutta più volte dalla violenza delle guerre e dai fanatismi religiosi. Ipazia matematica, astronoma era custode della Biblioteca quando fu trucidata nel 415 d.C.. Dopo che un grande intellettuale quale è R. S., mi ebbe iniziato alla conoscenza del sacrificio ipaziano oltre venti anni addietro, ho sentito il dovere morale di lasciare in eredità libri.

Ieri, (un segno?) dopo venti anni, nella piazza antistante la Camera dei Deputati, sotto un sole rovente, ho incontrato il mio Maestro. Per pudore e timidezza reciproca, trovandoci entrambi in compagnia di persone, non ci siamo neanche fermati a salutarci. Venti anni dopo ed entrambi abbiamo abbassato gli occhi. Affido al web l’infinita gratitudine, la stima e la nostalgia che provo per lui, per la sua sensibilità culturale e per avermi affidato, con il suo agire, l’onerosa custodia del nome di Ipazia.

Lasciare libri, dicevamo, mentre altri si impegnano a bruciarli.
Ad esempio ho lasciato centinaia di libri alla neonata (2002) Biblioteca d’Alessandria in Egitto. In accordo con il Centro della Promozione del Libro del geniale G. C., ho lasciato in dono tutti i libri che avevamo portato in mostra dopo aver partecipato alla 38° Fiera del libro del Cairo, alla quale convennero milioni di persone da ogni continente. Fummo presenti, come Giochi Nemei s.r.l., dal 17 al 29 gennaio del 2006 al Cairo, senza aiuto di denaro pubblico ma solo con quello che il sottoscritto truffatore aveva procurato.

Ma, povero Amalek, io faccio Intelligence Culturale e grazie alla descrizione delle misure di sicurezza che le forze di Polizia e dell’esercito di Mubarak mettevano in atto paranoicamente durante la preparazione della Fiera fattami dai collaboratori che si recarono al Cairo ad allestire il nostro stand, potei elaborare uno scenario previsionale che, da quel primo indizio, mi ha portato nel tempo, tra i pochissimi in Italia, a prevedere con largo anticipo, la caduta tragica di Mubarak e del suo regime.
Questo è Intelligence Culturale, infangatore cretino.

“I recinti dei campi di concentramento imprigionano gli uomini, ma reti e fili spinati non possono rinchiudere il pensiero.” Queste parole erano stampate sui depliants che venivano distribuiti il 15 gennaio 2006 con le buste che contenevano i libri del bookcrossing fatto in accordo con il Rabbino Mino Bahbout.
“Le fiamme hanno distrutto gli edifici, le biblioteche, le librerie ma i libri, simbolo di libertà e di reciproca comprensione, gettati nei roghi, sopravvivono.” Queste sono le affermazioni e i valori che ho diffuso e di cui voglio essere chiamato a rispondere dalle canaglie come te. Mi assumo anche la responsabilità di legge degli atti che compirò in nome del: “Ricorda di ciò che Amalek ti ha fatto per strada, quando siete usciti dall’Egitto. Come ti ha “raffreddato” per strada, e colpito le tue retroguardie, tutti coloro che erano deboli e stavano indietro. E tu eri stanco e affaticato, ed egli non temeva Dio. E sarà che, quando il Signore Dio ti avrà dato riposo da tutti i tuoi nemici, nella terra che il Signore Dio ti dà come un’eredità da possedere, cancellerai la memoria di Amalek da sotto il cielo, non dimenticare!”.

Tutto, quindi, per non dimenticare e in nome del motto che Ipazia e tutti gli ipaziani hanno sempre diffuso: “I libri non bruciano.”
E, guai, a chi li vuole bruciare.

Con Mino Bahbout abbiamo inoltre promosso concerti e riflessioni culturali. Ipazia web TV ha raccolto interviste del Rabbino e le ha, gratuitamente, messe nella rete per il diritto di tutti a conoscere il pensiero ebraico.
A Mino Bahbout, tra l’altro, mi ha unito il 26 gennaio 2006 un indimenticabile concerto di canti composti da donne ebree e non, eseguiti dall’artista italo-israeliana Charlette Shulamit Ottolenghi.
Le note provenienti dall’abisso della Shoah sono risuonate grazie al legame di stima e rispetto che intercorreva e, spero, intercorra ancora tra Mino Bahbout e me.

Queste sono le verità con cui, quando sarà rivelato il tuo nome, dovrai confrontarti.

Un ultimo ricordo relativo alla manifestazione del 15 gennaio del 2006. Sul materiale pubblicitario della manifestazione, senza alcuna spesa per l’Università o i suoi responsabili, comparve il marchio della Touro College di New York. In quella occasione fu allestito e offerto a centinaia di ospiti un banchetto a base di enogastronomia kasher acquistata a via Livorno presso un ristorante certificato e garantito per rispetto all’autorevolezza del Rabbino e ai membri della comunità ebraica invitati alla nostra manifestazione. Un bellissimo ricordo di questo mio agire è, forse, per quanto era buono il cibo kasher, la foga degli ospiti. Che “spazzolarono” tutto. E, invece, c’era abbondanza di tutto.

Oreste Grani
 
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