Non vi fidate di Ipazia Preveggenza Tecnologica

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Oreste Grani
view post Posted on 26/6/2012, 09:26 by: Oreste Grani




Caro lanciatore di sassi fangosi, sembri privilegiare il silenzio.
Ne hai diritto, ma, come sai, nelle questioni di legge, a volte, il silenzio è assenso. Per quello, tra l’altro, rispondo alle tue diffamazioni.
Vado avanti e dopo i troppi episodi in cui ho taciuto, parlo.

Anzi, scrivo in modo indelebile come solo la rete consente.
Accennavo, alcune ore addietro, del sostegno culturale e organizzativo da parte di Ipazia Preveggenza Tecnologica e mio personale alla manifestazione denominata LiberaRete trasmessa a “reti unificate” il 1/7/2010. In chiave geopolitica europea, mediterranea, italiana sembrano secoli ed invece sono passati solo due anni.
In quella occasione Ipazia PT ed io personalmente abbiamo potuto partecipare ad una risposta civile, democratica contro l’ennesima campagna denigratoria della magistratura e dell’uso che la stessa deve fare delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Il raccontino che segue è propedeutico a capire il tema e gli argomenti ad alto tasso di complessità che ruotano da sempre intorno al malaffare e al saccheggio della cosa pubblica.

L’episodio di oltre 40 anni fa, mutando i nomi e le attività di lucro, ancora oggi è emblematico di un ambiente ed è utile a comprendere l’essenza delle ostilità di troppi all’uso intelligente delle tecnologie investigative.

Agli inizi degli anni Settanta, Tom Ponzi diventa noto, al grande pubblico, quando la magistratura lo chiama in causa per delle intercettazioni abusive.
Ponzi, a sua volta, accusa il Vice Commissario della Criminalpol, Walter Beneforti, il quale però è in contatto con un certo avvocato Giorgio Fabbri che da una parte "ascoltava" il Direttore dell'ANAS, Chiatante, e dall'altra era legato ad alcuni funzionari del Ministero dell'Interno, Ministero che da tempo acquistava microspie proprio come faceva la Guardia di Finanza che infatti ritroviamo puntualmente nell"'affaire" al fianco di Giorgio Fabbri attraverso il canale "Pontedera" e sullo sfondo di queste intricate liaisons dangereuses, la mappa dello spionaggio telefonico che ormai, come la carta dell'Impero di Borges, è cresciuta fino a ricoprire fedelmente tutti i centri nevralgici del Paese.

Partiamo dall'inizio. Il Pretore Luciano Infelisi decide di dare il via ad un'inchiesta sulle intercettazioni abusive a seguito di una denuncia presentata da un privato cittadino. Il Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, non si oppone all'inchiesta ed anzi incarica una pattuglia vigilata da un ufficiale del SID di collaborare con il magistrato.

Infelisi, con il timone regolato, viene lasciato libero di continuare il lavoro.
Un tecnico della SIP-TETI, certo Marcello Micozzi, è !'imputato che ha piazzato le microspie. Micozzi viene interrogato a fondo ed esce subito il nome di Tom Ponzi che non rappresenta solo se stesso, ma anche Walter Beneforti, un Commissario della Criminalpol. Micozzi dice di aver piazzato le microspie per conto di Tom Ponzi. I carabinieri si precipitano a perquisirgli gli uffici di Roma e di Milano sequestrando materiale di grande interesse.
Ponzi, però, non è Micozzi; la pasta è differente. Infatti, non aspetta molto per passare al contrattacco. Agisce in due tempi: prima si attesta sulla posizione di chi se ha "spiato" lo ha fatto solo nell'interesse di mariti offesi e di adultere ricattate, poi sferra il colpo decisivo. Forte della testimonianza di Bruno Mattioli, rilascia un'intervista clamorosa che chiama pubblicamente in causa sia Walter Beneforti , che il Ministero dell'Interno e Mario Nardone, ex Capo della Criminalpol di Milano e quindi Questore di Como.

La sortita di Ponzi provoca, com'è logico, una serie di reazioni a catena. Nardone, che ha subito saputo, prima ancora che venisse resa pubblica, dell'intervista di Ponzi, cerca di salvare il salvabile tamponando queste rivelazioni come può e poi passa decisamente al contrattacco.
E una sua segnalazione quella che spinge i carabinieri di Infelisi a sequestrare dodici casse di materiale negli uffici di Ponzi a Lugano. È ancora Nardòne che lascia trapelare le prime notizie su quello che c'è dentro le casse. Il Ministero comunica che le microspie vendute da Beneforti allo stesso Ministero sono state acquistate solo per scopi didattici.

Ponzi, nelle sue rivelazioni, non si è limitato a fare i nomi di Beneforti e di Rolando Ricci, un alto funzionario del Ministero dell'Interno, ma ha lasciato scivolare nel racconto un altro nome che sembra sulle prime abbastanza insignificante quello di un certo avvocato Giorgio Fabbri che con l'aiuto di Walter Beneforti, del tecnico Mattioli e di una radiospia "avrebbe fatto i miliardi e poi sarebbe sparito".
Ponzi insiste perché il nome di Fabbri non resti fuori dall'inchiesta . Perché? La ragione viene fuori quando Nicola Di Pietrantonio, ex barista, ex dipendente dell'avvocato Fabbri, rilascia un'intervista ad un giornale e dice: "Fabbri non è che il misterioso personaggio che ha spiato per mesi l'ufficio di Nicola Chiatante, ex Direttore Generale dell'ANAS, arricchitosi con i numeri delle aste, e che poi ha cercato di ricattarlo con i nastri delle registrazioni e che, ancora, l'ha denunciato - sotto lo pseudonimo di Pontedera - alla Guardia di Finanza.

Nelle casse trovate nell'ufficio di Lugano ci sono le prove che Ponzi ha effettuato spionaggio politico (i retroscena dell'affare Pisanò, i legami con Cefis, certi servizi resi agli ordini del capitalismo di Stato e così via ...). Uno dei rapporti giunti al Ministero dell'Interno informa di una perquisizione effettuata sul panfilo di Ponzi ormeggiato nel porto di S. Margherita. Il panfilo era già stato segnalato all'Interpol del Narcotic Bureau di Washington e dall'Interpol della Gdf. Dall'ufficio di Infelisi - intanto - scompare una delle bobine sequestrate negli uffici di Ponzi. La bobina, come ammette lo stesso Pretore, è l'unica che contiene delle prove consistenti a carico dell'investigatore Ponzi .
Sparito il nastro è sparito tutto.

Quindi che si chiamino Tom Ponzi o Francesco Pirinoli, Giorgio Fabbri o Mario Traverso, Marcello Micozzi o Marcello Caruti Antonelli, Walter Beneforti o Giuliano Tavaroli, Fabio Ghioni o Nicola Chiatante, Carmelo Sparacino o Alberto Dell’Utri, Edmondo Monda o Bruno Mattioli poco cambia.

Ho fatto un accenno alla vicenda di Tom Ponzi perché vengano usati gli elementi di analogia per comprendere l’oggi e il potere dei poteri: chi controlla il mondo delle intercettazioni telefoniche (via rete o ambientali) è il padrone del mondo sottointeso alle relazioni dei poteri legittimi e non.
È opportuno in queste ore tornare su storie che sembrano datate perché mentre tu lanciatore di sassi fangosi mi hai messo temporaneamente fuori dai giochi i giochi si stanno facendo.

Ad esempio in Finmeccanica, cuore dell’eventuale e necessaria Strategia di Sicurezza Nazionale, inizia dalla security la ristrutturazione del Gruppo. È stata affidata a Paolo Campobasso, da pochi mesi ai vertici della sicurezza (il suo profilo su Linke-Din recita: “Senior Vice President and Chief Security Officer), la profonda revisione del sistema security di tutto il gruppo di piazza Monte Grappa.

Un incarico ricevuto dall’ad Orsi, che suscita sospetti e preoccupazioni ai piani alti di tutte le consociate, abituate a gestire la propria sicurezza in modo autonomo e, dicono, coerente con i differenti settori di operatività. Da quel poco che è emerso fino ad ora, l’idea è quella di creare una nuova società destinata ad assorbire la Digint (fondata da Fabio Ghioni, finito nei guai col suo “tiger team” per le vicende Telecom-Tavaroli su un asserito sistema di intercettazioni illegali). La Digint è una società che cura, per le procure, tutto il ricco e complesso business delle intercettazioni telefoniche. Oltre alla Digint la nuova società assorbirebbe importanti attività di Selex Elsag, uno dei tre poli strategici di Finmeccanica, attivo nelle comunicazioni e nei sistemi di Homeland Security, e in tutta la struttura del gruppo che opera a supporto della Polizia Postale (intercettazioni telematiche, sicurezza reti, etc.). La new-com avrebbe, in sostanza, la gestione esclusiva della sicurezza informatica, delle attività di video-sorveglianza e di ogni attività comunque collegata alle esigenze e al business della sicurezza dell’intero Gruppo Finmeccanica.

In questo modo sarebbero trasferite alla nuova società le funzioni di tutte le aziende del Gruppo operative nel campo della sicurezza che sono state tenute separate perché si è ritenuto fino ad oggi che andassero adattate e ritagliate su misura rispetto alle esigenze specifiche di ogni singola azienda (chi lavora all’estero, per esempio, ha problemi diversi da chi opera in Sicilia). Una prima conseguenza del progetto Campobasso sarà il trasferimento di personale verso la nuova struttura contestuale all’accorpamento in un unico centro di spesa, che dovrebbe essere gestito direttamente da Campobasso, delle risorse economiche finora impegnate nella security dalle singole partecipate. Alla nuova società farebbe poi capo anche la gestione dei contratti di fornitura di materiali e servizi nel settore sicurezza, che consente di far uso del sistema dell’affidamento diretto e senza gara, per “ragioni di sicurezza”. Insomma un vero e proprio centro dal quale dirigere e controllare di fatto tutto il Gruppo Finmeccanica, rivedendo la regola non scritta finora, che invece aveva sempre negato l’accentramento delle funzioni di security. E, non solo per ragioni di specializzazione operativa ma, soprattutto, per evitare la nascita di un “grande fratello” tanto potente quanto difficilmente controllabile. Che ai piani alti di piazza Monte Grappa credono al progetto affidato all’ex capitano lo dimostrano alcune iniziative tese a superare le forti resistenze interne.

Intanto si è avviato un primo turn-over: alla guida della sicurezza di Selex Elsag, Riccardo Barrile, ha dovuto lasciare (all’indomani del siluramento del suo ex amministratore delegato, Paolo Aielli) ed è stato trasferito al Commerciale. Al suo posto, Campobasso ha destinato l’ex capo (e prima suo diretto superiore) della Security del gruppo, il generale dei carabinieri Romolo Bernardi, retrocesso con qualche imbarazzo a vice dell’ex capitano. Insomma tutto sembra orientato a facilitare il neo progetto di Campobasso per creare una grande struttura di “intelligence“ Finmeccanica, con budget di spesa considerevole, un’ampia autonomia di selezione di fornitori tecnologici e di consulenti esterni (già in corso), e il controllo delle delicatissime filiere delle intercettazioni (telefoniche e informatiche).

Per informarti ho usato una fonte aperta di soli 5 giorni addietro altamente attendibile: ilVelino/AGV

Di questi argomenti mi interessavo quando tu, silente infangatore, hai provato a fermarmi.
Mentre gli Italiani terrorizzati dall’altalena borsistica, distratti dalla nazionale di calcio e dai terremoti, non sanno nulla (come al solito) di ciò che alcuni fanno ritenendo propria la Cosa Pubblica.
Intorno ai temi che ho esposto si gioca la sopravvivenza stessa del nostro Paese.
È così. Non è allarmismo.

Oreste Grani
 
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36 replies since 14/2/2012, 11:44   14938 views
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