Non vi fidate di Ipazia Preveggenza Tecnologica

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Oreste Grani
view post Posted on 20/7/2012, 12:23 by: Oreste Grani




“Ricorda di ciò che Amalek ti ha fatto per strada, quando siete usciti dall’Egitto. Come ti ha “raffreddato” per strada, e colpito le tue retroguardie, tutti coloro che erano deboli e stavano indietro. E tu eri stanco e affaticato, ed egli non temeva Dio. E sarà che, quando il Signore Dio ti avrà dato riposo da tutti i tuoi nemici, nella terra che il Signore Dio ti dà come un’eredità da possedere, cancellerai la memoria di Amalek da sotto il cielo, non dimenticare!”

Queste espressioni sono tratte dal Sacro Testo del Deuteromonio e aiutano a non dimenticare e a prepararsi a ciò che implicito nel ricordo.
Caro Amalek l’infangatore (da oggi ti chiamerò così) il 14/2/2012 non hai solo colpito il progetto Ipazia nelle sue articolazioni tecnico-giuridiche (le aziende e le associazioni culturali) ma, così agendo, hai danneggiato le legittime aspettative dei suoi dipendenti, collaboratori (già tanto provati) e onesti creditori.

La tua anonima diffamazione ha provocato una valanga sotto la quale, tra l’altro, è rimasto moribondo il mio legame con il mondo ebraico ed in particolare con il Rav. Scialom Bahbout da molti (anche da me), affettuosamente, chiamato Mino.
Come si può riscontrare da quanto ho già pubblicato, il 23 marzo 2012 nel convegno “Lo stato Intelligente” prese la parola anche Mino Bahbout. Quel giorno, l’intervento che Bahbout ha voluto fare pubblicamente, ha suggellato una condivisione di valori etici, morali, di cui sono fiero, frutto di una lunga frequentazione e di comportamenti reciproci irreprensibili.

Al Rabbino mi ha unito, in questi anni, la valutazione che la cultura della memoria e dell’informazione puntuale e documentata sono le armi strategiche per sconfiggere lo stereotipo e i luoghi comuni nemici della verità, della pace e del popolo ebraico.
Ci ha unito il giudizio sul valore della figura di Ipazia di Alessandria vittima, a sua volta, nel 415, dell’intolleranza e della violenza del vescovo Cirillo e dei cristiani suoi seguaci. Ipazia, come ormai tutti sanno, era pagana ma operava perché in Alessandria e in tutto il Mediterraneo prevalesse il rispetto reciproco e la convivenza civile.

Mi ha unito al Rabbino solo l’amore per la cultura, per le scienze, per i libri e per il diritto di Israele di esistere.

Altro che i tuoi, perfido Amalek, insinuanti pensieri di opportunismi, di calcolo, di strumentalizzazioni o di raggiri a non si sa chi. Pagherai, con moneta pesante, anche questo fango. Tu che sei fango sterile e senza speranza di divenire mai un utile Golem.

Con Mino Bahbout abbiamo distribuito centinaia di libri (da me acquistati con i proventi delle mie attività truffaldine!) dando vita al primo bookcrossing in Italia tutto dedicato a testi di autori ebrei e in particolare donne.
Il 15 gennaio del 2006 il bookcrossing promosso in accordo con la trasmissione di RadioRai Fahrenaheit 451 fece confluire nella rete mondiale del “passa libro” centinaia di libri che portarono, da lettore a lettore, messaggi di idee. Fu fatto per non dimenticare il lugubre rito dei roghi dei libri in cui il 10 maggio del 1933 le squadre naziste guidate da Goebbels bruciarono un milione di libri dando inizio al tentativo di un annientamento metodico di ogni valore spirituale prima dell’annientamento di milioni di esseri umani.

Il bookcrossing fu fatto per non dimenticare che nel “dodicennio nero” del Terzo Reich furono proscritti più di 12.000 libri e l’intera opera letteraria di oltre 500 autori.
Ciò che ho fatto (usando tra l’altro denaro che mi ero “procurato”) è stato fatto per combattere contro l’allucinante prospettiva di un “ritorno al futuro” in cui i libri fossero dati nuovamente alle fiamme. Ho sempre agito, a modo mio, perché la necessità di trasmettere la memoria dei libri, i loro contenuti e il loro valore non fosse alternativa tra suicidio o salvezza dell’Umanità.

Quello che io posso aver fatto “amministrativamente” val bene aver editato (leggi bene, cretino) decine di migliaia di libri. L’azione strategica imprenditoriale del gruppo Ipazia nasce, tra l’altro, per amore della cultura e perché la cultura, invece di pietire gli spiccioli delle sponsorizzazioni, si facesse impresa.
Si, caro Amalek l’infangatore, ho fabbricato soldi per elaborare con “Ubiquità. Ovvero la dimensione necessaria di un’Intelligence Culturale” le basi culturali della Strategia di Sicurezza Nazionale.

Il pensiero ipaziano assume forma giuridica ricordando i roghi di cui abbiamo detto ma soprattutto in nome della Biblioteca di Alessandria d’Egitto che era arrivata a raccogliere 500.000 volumi e che fu distrutta più volte dalla violenza delle guerre e dai fanatismi religiosi. Ipazia matematica, astronoma era custode della Biblioteca quando fu trucidata nel 415 d.C.. Dopo che un grande intellettuale quale è R. S., mi ebbe iniziato alla conoscenza del sacrificio ipaziano oltre venti anni addietro, ho sentito il dovere morale di lasciare in eredità libri.

Ieri, (un segno?) dopo venti anni, nella piazza antistante la Camera dei Deputati, sotto un sole rovente, ho incontrato il mio Maestro. Per pudore e timidezza reciproca, trovandoci entrambi in compagnia di persone, non ci siamo neanche fermati a salutarci. Venti anni dopo ed entrambi abbiamo abbassato gli occhi. Affido al web l’infinita gratitudine, la stima e la nostalgia che provo per lui, per la sua sensibilità culturale e per avermi affidato, con il suo agire, l’onerosa custodia del nome di Ipazia.

Lasciare libri, dicevamo, mentre altri si impegnano a bruciarli.
Ad esempio ho lasciato centinaia di libri alla neonata (2002) Biblioteca d’Alessandria in Egitto. In accordo con il Centro della Promozione del Libro del geniale G. C., ho lasciato in dono tutti i libri che avevamo portato in mostra dopo aver partecipato alla 38° Fiera del libro del Cairo, alla quale convennero milioni di persone da ogni continente. Fummo presenti, come Giochi Nemei s.r.l., dal 17 al 29 gennaio del 2006 al Cairo, senza aiuto di denaro pubblico ma solo con quello che il sottoscritto truffatore aveva procurato.

Ma, povero Amalek, io faccio Intelligence Culturale e grazie alla descrizione delle misure di sicurezza che le forze di Polizia e dell’esercito di Mubarak mettevano in atto paranoicamente durante la preparazione della Fiera fattami dai collaboratori che si recarono al Cairo ad allestire il nostro stand, potei elaborare uno scenario previsionale che, da quel primo indizio, mi ha portato nel tempo, tra i pochissimi in Italia, a prevedere con largo anticipo, la caduta tragica di Mubarak e del suo regime.
Questo è Intelligence Culturale, infangatore cretino.

“I recinti dei campi di concentramento imprigionano gli uomini, ma reti e fili spinati non possono rinchiudere il pensiero.” Queste parole erano stampate sui depliants che venivano distribuiti il 15 gennaio 2006 con le buste che contenevano i libri del bookcrossing fatto in accordo con il Rabbino Mino Bahbout.
“Le fiamme hanno distrutto gli edifici, le biblioteche, le librerie ma i libri, simbolo di libertà e di reciproca comprensione, gettati nei roghi, sopravvivono.” Queste sono le affermazioni e i valori che ho diffuso e di cui voglio essere chiamato a rispondere dalle canaglie come te. Mi assumo anche la responsabilità di legge degli atti che compirò in nome del: “Ricorda di ciò che Amalek ti ha fatto per strada, quando siete usciti dall’Egitto. Come ti ha “raffreddato” per strada, e colpito le tue retroguardie, tutti coloro che erano deboli e stavano indietro. E tu eri stanco e affaticato, ed egli non temeva Dio. E sarà che, quando il Signore Dio ti avrà dato riposo da tutti i tuoi nemici, nella terra che il Signore Dio ti dà come un’eredità da possedere, cancellerai la memoria di Amalek da sotto il cielo, non dimenticare!”.

Tutto, quindi, per non dimenticare e in nome del motto che Ipazia e tutti gli ipaziani hanno sempre diffuso: “I libri non bruciano.”
E, guai, a chi li vuole bruciare.

Con Mino Bahbout abbiamo inoltre promosso concerti e riflessioni culturali. Ipazia web TV ha raccolto interviste del Rabbino e le ha, gratuitamente, messe nella rete per il diritto di tutti a conoscere il pensiero ebraico.
A Mino Bahbout, tra l’altro, mi ha unito il 26 gennaio 2006 un indimenticabile concerto di canti composti da donne ebree e non, eseguiti dall’artista italo-israeliana Charlette Shulamit Ottolenghi.
Le note provenienti dall’abisso della Shoah sono risuonate grazie al legame di stima e rispetto che intercorreva e, spero, intercorra ancora tra Mino Bahbout e me.

Queste sono le verità con cui, quando sarà rivelato il tuo nome, dovrai confrontarti.

Un ultimo ricordo relativo alla manifestazione del 15 gennaio del 2006. Sul materiale pubblicitario della manifestazione, senza alcuna spesa per l’Università o i suoi responsabili, comparve il marchio della Touro College di New York. In quella occasione fu allestito e offerto a centinaia di ospiti un banchetto a base di enogastronomia kasher acquistata a via Livorno presso un ristorante certificato e garantito per rispetto all’autorevolezza del Rabbino e ai membri della comunità ebraica invitati alla nostra manifestazione. Un bellissimo ricordo di questo mio agire è, forse, per quanto era buono il cibo kasher, la foga degli ospiti. Che “spazzolarono” tutto. E, invece, c’era abbondanza di tutto.

Oreste Grani
 
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